mercoledì 31 ottobre 2018

La Porta di San Tommaso ovvero una ricerca di "equipe"






Franz Hogengerg-Acquaforte1572- su Civitates Orbids Terrarum di Georg Braun- da "PortoDiGenva"- Sagep ed.


Della Porta di San Tommaso avevamo già parlato in un post precedente al quale vi rimandiamo per opportuno riferimento : http://ceraunavoltagenova.blogspot.com/2013/12/stommaso-e-capo-darena.html .

Faceva parte della cinta del XIV secolo e prendeva il nome dalla vicina chiesa di San Tommaso, situata sul bastione omonimo che proteggeva la porta in coppia con il bastione di San Michele.

1752 Accinelli - da "Genova Piazza Principe di VittorioBagnasco - Nautilus ed.


Una immagine del paramento esterno della porta l'abbiamo da un dipinto di Nicolas Chapuy presa dalla terrazza a mare del Palazzo del Principe.





Per avere una immagine della parte interna della porta, in mancanza di una immagine più affidabile, dobbiamo affidarci a questo dipinto, forse un po' fantasioso, che raffigura la cacciata degli Austriaci nel 1746.

1746  porta di S.Tommaso - di Giuseppe Camotto




Nel 1835 venne aperta sul lungomare la "carrettiera Carlo Alberto" ed una parte di mura, a sinistra della porta,venne demolita per agevolare il traffico.



La vecchia porta resistette ancora qualche anno, sulle mura mutilate, fino all'arrivo della ferrovia, che si mangiò un altro bel pezzo delle mura e parte del Bastione di San Michele.
Qui la vediamo spuntare dalle mura durante la demolizione del S. Michele nel 1842.

S.Michele a Fassolo acquarello di  P.D.Cambiaso-  da Medioevo demolito, Genova 1860-1940, -  ed. Pirella


Il paramento esterno della porta venne smontato e rimontato sulla nuova canonica della chiesa di San Tommaso. La vediamo qui nelle due immagini che seguono:

chiesa di S.Tommaso con la Porta di S.Tommaso - P.D. Cambiaso

Ingrandimento del particolare della immagine precedente

Ma la "marcia del progresso"  procedeva inarrestabile.  Dopo la Stazione Ferroviaria, si doveva costruire anche una Stazione Marittima ed il Bastione di San Tommaso con la sua chiesa (e la porta salvata) era proprio nel posto deputato per l'ampliamento del porto e venne demolito nel 1883.
Il paramento della porta, ancora una volta recuperato, venne addossato ad un muro lì vicino, in piazza Acquaverde a fianco della Stazione Ferroviaria, senza nemmeno una targa commemorativa ed oggi nemmeno si nota, nascosto dagli alberi e dal Monumento a Colombo.

Per ulteriore spregio ci avevano fatto perfino l'entrata di un bar, ora scomparso.




Detto così sembra facile (ce lo hanno anche detto...) ma un gruppetto di noi ci ha studiato un annetto buono, ravattando vecchi testi, prendendo misure, confrontando foto.  Alla fine Alberto Maria di Salle è arrivato alla conclusione finale di cui gli va dato il merito con questa citazione. Per brevità non facciamo altri nomi, ma siamo stati bravi tutti, e qui ringraziamo l'impareggiabile  "squadra" di ricerca del gruppo omonimo a questo blog che ha conseguito questo risultato.


Per chi volesse approfondire l'argomento mettiamo qui di seguito un collage di ritagli di libri e giornali che ci sono serviti a trovare la soluzione giusta fra le diverse ipotesi prese in esame.  Comunque l'intera ricerca/dibattito è disponibile (come anzidetto) nel gruppo Fb omonimo sotto la voce "Porta di S.Tommaso".


 
articolo del Miscosi su Il Lavoro




domenica 7 ottobre 2018

La "vicenda" di Megollo Lercari



Domenico Fiasella+Sebastien Vouillemont- incisione - da:  Anna Dagnino  in "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige


Megollo Lercari, un uomo del suo tempo, è stato protagonista di una vicenda ignorata dagli annalisti ufficiali, ma che si racconta ancora, più o meno romanzata, più o meno "condita" di "gustosi" particolari.
Una vicenda che troviamo ancor oggi dipinta sulle volte di due palazzi genovesi ed impressa a bulino su due argenti da parata (brocca e catino), il tutto realizzato nella seconda metà del 1500.
Una vicenda che riassume l'intraprendenza e l'audacia di una classe mercantile disposta a correre gravi rischi per ottenere grandi risultati.
In poche parole: Megollo, mercante in oriente nel 1300, ottiene la fiducia dell'Imperatore Alessio II Comneno che risiede a Trebisonda (in un momento di grave instabilità politica dell'Impero Bizantino).
Poi, perde fiducia e titoli, (la "vicenda" dice che, insultato dal favorito dell'imperatore durante una partita a scacchi, pretendeva le scuse  ?) .

Antonio De Castro - part. del piatto d'argento - da:  Anna Dagnino  in "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige
Affresco di Giovanni Carlone (villa Spinola di San Pietro-Sampierdarena)su commissione di Franco Lercari 1560 - da: Anna Dagnino  in "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige


Megollo torna a Genova, riunisce amici e parenti ed arma due galee con le quali fa  "guerra di corsa" (pirateria ?) contro il naviglio dell'Imperatore nel Mar Nero.

Antonio De Castro - part. del piatto d'argento - da:  Anna Dagnino  in "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige
Affresco di Giovanni Carlone (villa Spinola di San Pietro-Sampierdarena)su commissione di Franco Lercari 1560 - da: Anna Dagnino  in "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige


Sconfigge pure le 4 navi da guerra  mandate a fermarlo.

Affresco di Giovanni Carlone (villa Spinola di San Pietro-Sampierdarena)su commissione di Franco Lercari 1560 - da: Anna Dagnino  in "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige


Per dimostrare che "faceva sul serio" Megollo fece recapitare all'imperatore nasi ed orecchie che aveva fatto mozzare ai prigionieri.  Qui viene scelto, fra i prigionieri, il latore del "dono".

Affresco di Giovanni Carlone (villa Spinola di San Pietro-Sampierdarena)su commissione di Franco Lercari 1560 - da: Anna Dagnino  in "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige


qui la consegna del "trofeo" all'Imperatore

Antonio De Castro - part. della brocca d'argento - da:  Anna Dagnino  in "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige



Evidentemente a Trebisonda non se la passavano molto bene (e Megollo lo sapeva), per cui l'Imperatore chiese la pace e fece ai genovesi larghe concessioni (fondaco, palazzo, esenzioni fiscali, etc). Qui l'arrivo di Megollo a Trebisonda, accolto dall'Imperatore.

Affresco di Giovanni Carlone (villa Spinola di San Pietro-Sampierdarena)su commissione di Franco Lercari 1560 - da: Anna Dagnino  in "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige



Segue la costruzione del quartiere Genovese a spese dell'Imperatore.

Affresco di Luca Cambiaso (Palazzo Lercari-Parodi-via Garibaldi) su commissione di Franco Lercari 1580ca. - da: Anna Dagnino  in "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige


E qui finisce la vicenda di Megollo ma vorremmo aggiungere i nostri commenti.

La storia del taglio ai prigionieri di orecchie e nasi, inviati all'imperatore per convincerlo che faceva sul serio, è probabilmente vera.  A noi fa impressione ma all'epoca era cosa comune (lo faceva anche Andrea Doria due secoli dopo...).
Megollo a quel punto evita di rivalersi sul "favorito" (che senza orecchi e naso non sarebbe più stato tanto gradevole alla vista...) pronunciando fa frase:  "i Genovesi non infieriscono sulle donne".

Con tutta probabilità il particolare della "offesa del favorito" e del successivo "perdono" è la parte "romanzata" del racconto (un pò come il ratto di Elena per la guerra di Troia).
Secondo noi la contesa ha avuto origini prettamente economiche e commerciali ma all'epoca "la riparazione dell'onore offeso" era una giustificazione per spargere sangue migliore di un accordo commerciale rifiutato.


mercoledì 3 ottobre 2018

Poche note sui "Giustiniani"




L'Apoteosi dei Giustiniani, cartone di Giandomenico Tiepolo al Metropolitan Museum di N.Y.     da: Lilli Ghio, in "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige


Non pretendiamo di riassumere qui mezzo millennio di storia di una celebre "famiglia" genovese. Storia che è stata trattata più volte da illustri studiosi alle cui opere vi rimandiamo per un eventuale approfondimento.
Vi mostreremo solo alcune immagini commentandole con i cenni storici necessari alla loro comprensione.
Faremo un breve viaggio nel tempo e nello spazio prendendo spunto da un testo di Lilli Ghio ospitato nel libro "Genova e L'Europa Mediterranea" - Edizioni CARIGE  - (collana diretta da Piero Boccardo e Clario Di Fabio).

Abbiamo messo "famiglia" fra parentesi, in quanto trattavasi si una "maona", ovvero una unione di più famiglie facoltose, in una impresa comune, per la quale assumono un cognome comune : quello di Giustiniani.

E qui veniamo alla "impresa comune" , ovvero la ri-conquista di Chio e Focea, (che i Bizantini avevano da poco strappato alla famiglia Zaccaria).  I Giustiniani  le fanno loro nel 1346 (in nome della Repubblica, che, "graziosamente concede loro" l'amministrazione ed il diritto di sfruttamento).
Così nel 1362 la "maona" si costituisce in "albergo dei Giustiniani", che nel 1367 l'imperatore bizantino "graziosamente" riconosce quali "Signori di Chio".

Noi siamo "fanatici delle mappe" (un bel disegno vale mille parole) quindi vediamo qui di cosa stiamo parlando:

mappa presa da Internet senza riferimenti precisi
per capirci ancora meglio: parliamo dell'isoletta e della baia segnate col circoletto rosso a destra


Come abbiamo visto sulla mappa, non si trattava di un vasto territorio ma di due piccole "enclaves" che però garantivano un reddito altissimo in quanto fornivano materiali allora rari e molto richiesti.

Dalle miniera di Focea si estraeva l'Allume di Rocca, usato all'epoca per fissare i colori dei tessuti.

Foto da Internet origine non specificata

A Chio si coltivava il lentisco (Pistacia lentiscus) da cui si ricavava il mastice (mastica) , una resina allora molto richiesta.

Foto da Internet origine non specificata


Il commercio in esclusiva dell'allume di Focea e del mastice di Chio resero la famiglia ricca e potente.   Ancora oggi abbiamo "via dei Giustiniani", a ricordarcelo.  La "Famiglia" infatti occupava tutta la zona da Canneto il Lungo a via San Bernardo (anticamente detta anche "Giustiniani Lunga"). Qui la facciata di un palazzo che ha visto tempi migliori.

foto di Renzo Bonzini

 Arrivarono i Turchi: Costantinopoli, difesa anche dai genovesi di Giovanni Giustiniani Longo  cadde nel 1453. Genova perse, una dopo l'altra, le sue colonie in oriente. Nel 1455 i Giustiniani persero Focea e si trincerarono nell'isola di Chio, pagando pesanti tributi al Sultano per poterne conservare il possesso. Circa un secolo dopo, nel 1566 il sultano Solimano I fece occupare l'isola e deportare a Costantinopoli i Giustiniani più autorevoli (con le loro famiglie).
Qui (Costantinopoli) si verificò il massacro di 18 giovani della famiglia Giustiniani immortalato nel dipinto di Francesco Solimena, conservato nel museo di Capodimonte.

da: "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige

L'episodio appare anche in un particolare della Cappella Ducale dipinto da G.B. Carlone (Genova-Palazzo Ducale)

da: "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige


Le perdite di Chio e Focea non incisero sulle fortune di famiglia, già impiegate in altri settori altrettanto remunerativi per cui la famiglia continuò a prosperare.


 I Giustiniani diedero a Genova numerosi uomini illustri, ma noi citeremo solo quelli di cui abbiamo le immagini.

Alessandro Giustiniani doge dal 1611 al 1613 (vedi testo sulla foto)

da: "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige


Vincenzo Giustiniani (vedi testo sulla foto)
da: "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige
Luca Giustiniani (vedi testo sulla foto)

da: "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige

Giovanni Antonio Giustiniani (vedi testo sulla foto)

da: "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige



 Un altro personaggio che viene ricordato è Giovanni Giustiniani, non per i suoi particolari meriti, ma perchè a lui volle arrendersi Alfonso, re d'Aragona sconfitto a Ponza (1435) dai Genovesi comandati da Biagio Assereto.  Biagio Assereto, ammiraglio della flotta genovese, era infatti di origini popolari e l'orgoglioso re sconfitto scelse di consegnare la spada ad un Giustiniani piuttosto che all'ammiraglio vincitore.
da: "Genova e l'Europa Mediterranea" - (dir. Piero Boccardo+Clario Di Fabio) - ed. Carige