sabato 15 dicembre 2018

Castello Mackenzie, il "capolavoro" di Gino Coppedè







C'era una volta una villa rustica sulle mura di San Bartolomeo, in vista del Bisagno.  

Pianta topografica della città di Genova 1879 di S.Muggiani-Milano


E nel 1893 c'era in ricco assicuratore straniero (ma nato a Firenze) che cercava un posto dove costruire la dimora dei suoi sogni. E c'era anche un giovane e talentuoso architetto pronto ad accontentarlo. Dall'incontro di queste tre realtà nasceva qualcosa che ancora ci stupisce: il "Castello Mackenzie".

Cartolina, edit. e data non rilevate affrancata 5cent


Ci lavorarono dal 1893 al 1905.
Un committente, ricco, stravagante, appassionato dello stile medioevale fiorentino ed un architetto fiorentino, ricco di fantasia e talento.  Qui si sono fatti ritrarre,  sulla parete dello scalone , in abito "simil-medioevale" nel cantiere di costruzione mentre studiano il progetto del castello.



Durante la nostra visita non siamo riusciti a riprendere bene la scena e ve la riproponiamo, purtroppo in bianco e nero dal volume  "Edifici Storici e Grandi Dimore" -di Manuela Brignone Cattaneo & Roberto Schezen- edit. Umberto Allemandi & C.




Due personaggi così non si incontrano spesso, ma quando si incontrano sono capaci di riportarci indietro di secoli, concentrando in uno stesso edificio oggetti e stili che vanno dall'Impero Romano all'era industriale.








E così nasce, a Genova, proprio sulle mura del 600, un castello in stile "falso fiorentino" che grida: "sono fasullo", fin da lontano.

  



Un inusuale mosaico decora la facciata





Un castello dotato di tutti i più moderni conforts dell'epoca (ascensore - piscina coperta - bagni moderni con sauna...) e nello stesso tempo fornito di "grotta romantica" come le ville del 1500.
L'ingresso alla grotta, nel cortile "arabeggiante"  e l'interno della grotta.





Ora proviamo ad entrare "in casa" passando dal monumentale atrio e facciamo conoscenza con Venere che hanno messo lì a fare gli "onori di casa"





Saliamo l'imponente salone, notando il lampadario gigante ed il soffitto a cassettoni multicolori;  l'elegante loggetta a sinistra ci sembra quasi fuori posto. Anche l'assortimento delle finestre, dai delicati vetri policromi, da un po' da pensare. 




Ci fermiamo un attimo per goderci la vista dal ballatoio superiore. Peccato quei tabelloni bianchi alle pareti.




Mai contenti, direte voi.  No solo maledettamente curiosi.
Così alziamo la mira e allunghiamo l'obbiettivo...  ed ecco stiamo viaggiando nel tempo, con dame, cavalli e cavalieri.






Non poteva mancare il "lucernario"  per antichizzare ancor più la scena.

 



Ancora soffitti a cassettoni 




e scene mitologiche alle pareti




 Né poteva mancare la cappella privata





Qui si conclude il nostro commento di un edificio un "tantino troppo" kitsch per i nostri gusti, come tutte le realizzazioni dell'epoca (ma a qualcuno piace). 
Ci pare una "esagerazione esagerata",  portata al massimo affinché "colpisca", affinché venga notata. Si direbbe costruito così, apposta per non essere preso sul serio (e ci vuole molta intelligenza per ottenere questo effetto). 
Naturalmente questa è l'impressione personale di due profani "allevati" in una epoca diversa da quella in cui il castello fu concepito;  ben lontani dal voler dare un giudizio storico/artistico che solo un architetto ed uno storico dell'arte sarebbero qualificati ad emettere.

lunedì 3 dicembre 2018

L' Epopea del solare a S. Ilario








L'abbiamo titolata "epopea", una "avventura"  scientifica avvenieristica che purtroppo non ha dato i risultati sperati.
Ma procediamo con calma, presentando il maggiore protagonista di questa avventura che ha visto coinvolti ingegneri e tecnici nella ricerca di un metodo per sfruttare l'energia del sole.





Tutti oggi abbiamo dimestichezza con "pale eoliche" e "pannelli solari" e abbiamo sentito parlare della produzione di energia dalle "bio-masse" (la rumenta ed il letame).

Qui si trattava di produrre vapore e quindi elettricità concentrando la luce solare su un "pentolone" attraverso centinaia di specchi.

Si può fare, si è fatto, si fa ancora oggi.  Ma all'epoca era cosa del tutto nuova, bisognava trovare un modo pratico (e redditizio) per farlo.  Si, redditizio, perché se spendi 100 per ottenere 50 lasci perdere. Fai dell'altro.  Per sapere come fare e se conviene farlo, si fanno dei progetti, poi si realizza un piccolo impianto di prova.  Poi, corretti i difetti, e trovate soluzioni pratiche per gli inevitabili imprevisti, se ne realizza uno più grande, dove si fanno ulteriori test che porteranno al perfezionamento del progetto e alla sua versione definitiva.
Come loro, anche noi cominceremo dal progetto:




Poi vediamo il primo impianto sperimentale:




Quindi vediamo l'impianto n. 2:






Eccoci al terzo impianto, aumenta la potenza e si risolvono i relativi problemi.






Questo articolo riassume il contenuto di uno studio pubblicato dall'Ansaldo alla conclusione del progetto. Questa è l'ultima immagine degli specchi.






Ci siamo limitati alle immagini più significative per i non "addetti ai lavori". Pertanto abbiamo omesso disegni tecnici e liste di dati.

All'epoca erano stati riscontrati due problemi di difficile soluzione per poter garantire un rendimento commercialmente redditizio.  
Il primo è strettamente ambientale, legato alle condizioni climatiche. Per essere commercialmente redditizio questo progetto necessita di una insolazione continua e costante per più di 300 gg. annui.   
Il secondo riguarda la gestione  degli specchi, che devono essere continuamente orientati con precisione in modo da seguire costantemente il corso del sole, cosa che all'epoca di questi studi non era tecnicamente possibile.
Per questo gli esperimenti con questa tecnica sono continuati nel New Mexico e nel deserto Australiano e portati a buon fine grazie ai moderni progressi dell'elettronica e della geo-localizzazione.  
Oggi sono già in funzione nei luoghi adatti alcuni impianti commerciali basati su questa tecnologia.  


domenica 25 novembre 2018

via Garibaldi




1901 da Liguria in cartolina di F.Amirante e P.De Novi edit. Luna

Era la metà del 1500.  I Genovesi si erano da poco (1528-resa di Teodoro Trivulzio) liberati dal "pesante" dominio francese a favore di un più "leggero" "protettorato" spagnolo.
 
Il Castelletto era stato "rovinato", in spregio alla odiata dominazione straniera. Ma la struttura di base era ancora solida e Carlo V premeva su Andrea Doria affinché venisse ripristinato.  Ripristinato e ri-armato per tornare a "garantire il potere costituito" dai mutevoli umori di un alleato per sua natura poco obbediente.

da Strada Nuova, di Ennio Poleggi - Sagep ed.-  Cristoforo Grassi fine XV sec.. (part). Castelletto S.Francesco Torre Luccoli poi Baluardo S.Caterina


Il "partito" filo-francese era stato ridotto al silenzio e le grandi famiglie genovesi facevano affari d'oro con la Spagna e le sue guerre.  La nuova costituzione promulgata da Andrea Doria portava la stabilità interna e l'alleanza con la Spagna garantiva la stabilità dei confini.

Abbiamo esordito con una pillola di storia per descrivere il clima genovese dell'epoca.  Clima di rinnovata fiducia e relativa sicurezza, che favoriva nuovi investimenti in città da parte delle famiglie più abbienti che ora potevano manifestare il proprio "status" con nuove ed imponenti costruzioni.

Quattro famiglie della "nobiltà vecchia" Pallavicino, Lomellini, Grimaldi, Spinola di Luccoli, si fecero paladine di un grande progetto edilizio: La strada Nuova.  Una nuova e larga strada costeggiata di lussuose dimore, una strada da "andarci in carrozza".

Lo spazio c'era, proprio sotto il "Castelletto"  una zona periferica, poco abitata; spazio in gran parte demaniale ed ortivo, con poche abitazioni ed un quartiere malfamato il "postribolo".

Insediamenti Nobiliari al 1414 - da Una città portuale del Medioevo... di Bianchi e E.Poleggi-



E qui c'era l'idea vincente:  trasferire i bordelli nel Castelletto.  In pochi mesi e con poca spesa  si poteva riadattare quel che rimaneva nel forte alle "necessità"  del postribolo. (convincendo gli spagnoli che sarebbe stato facile trasferirci truppe e cannoni in caso di necessità, dato che le strutture delle mura erano rimaste intatte. (facile e dilettevole... per la truppa).
Inoltre, siccome la costruzione di una zona "di pregio" avrebbe fatto aumentare il valore degli edifici adiacenti, si pensò ad una apposita tassa da esigere in zona a cose fatte (siamo a Genova dove si cavano soldi anche dalle pietre...)

mappa lottizzazioni - da Strada Nuova di Ennio Poleggi - Sagep-



Oltre alle rimostranze da parte dei proprietari dei terreni da espropriare, la maggiore opposizione al progetto venne dai conventi della zona, che temevano la frequentazione delle loro chiese da parte della gente dei bordelli (che prima andavano alla Maddalena) avrebbe allontanato i frequentatori abituali (elemosine, donazioni, messe, matrimoni, etc. portavano introiti significativi).

Chiaramente l'ebbe vinta il "consorzio dei nobili costruttori" anche perché la vendita dei terreni demaniali e la nuova tassa avrebbero portato un grosso introito, da destinarsi alle riparazioni urgenti della Cattedrale di S.Lorenzo.  (cattedrale batte monasteri 1 a 0)
Qui vediamo le demolizioni in giallo e le nuove costruzioni in marrone.

Postribolo in Castelletto - da Una città portuale del Medioevo... (già citata)

Nata con il nome di  "strada Maggiore" venne sempre nominata "strada Nuova" e come tale è passata alla storia finché non fu deciso di intitolarla alla memoria di Giuseppe Garibaldi, e come tale la troviamo oggi.
Giusto a titolo di curiosità aggiungiamo altre piantine che non abbiamo "approfondito", quindi  non chiedeteci perché differiscono in certi particolari.

da Strada Nuova di Ennio Poleggi - Sagep-
da Strada Nuova di Ennio Poleggi - Sagep-
Gerolamo Bordoni_attrib.-(part) 1616- da StradaNuova_Poleggi - Sagep
via Garibaldi strada Nuova da viaggio nei Caruggi di Riccardo Navone - fratelli Frilli editore

Pubblicata sul web da Pietro Cassani



Abbiamo sintetizzato una vicenda durata quasi 40 anni (1551-1588), e per ora ci fermiamo qui.
Le descrizioni e le storie dei singoli edifici richiederanno singoli post, che scriveremo pian piano, nei prossimi mesi.
Vi lasciamo con alcune delle immagini più significative fra quelle contenute nei nostri files:

strada nuova - A.Giolfi - acquaforte sec. XVIII - da "Attori e strumenti del credito in Liguria"- vista da piazza "Amorosa"

 G.Bonatti - guida Alizeri 1846 - da Strada Nuova di Ennio Poleggi- Pal. Tursi a sn. visto da levante

da GENOVA SCOMPARSA -ed. MONDANI - vista da ponente

 da Liguria in cartolina di F.Amirante e P.De Novi edit. Luna- vista da ponente

Via Garibaldi - Oggi - foto dal web