Oggi diamo tante cose per scontate, ad esempio l'acqua calda che scorre dai rubinetti di casa.
Una cosa normale , oggi per noi che viviamo in questo paese in questa epoca. Ancora niente affatto scontata per tante persone che vivono in paesi meno fortunati del nostro, molti dei quali in casa non hanno nemmeno un rubinetto.
Altra cosa normale è l'illuminazione domestica e quella stradale... anche quella è scontata, ci ricordiamo che esiste solo se, per caso, viene a mancare.
Eppure, anche nella nostra città, si tratta di "comodità" relativamente recenti .
Fino al 1800 l'illuminazione notturna non aveva fatto molti progressi dai tempi degli antichi romani.
Torce, candele lumi ad olio ed a petrolio illuminavano poco e male case e luoghi di ritrovo.
Ma fu solo nel 1800 con l'utilizzo su larga scala del gas, che si poterono illuminare in modo "pratico" ed economico strade e piazze e, naturalmente, le case.
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Il "gas illuminante" veniva estratto dal carbone con un processo di distillazione e raffinazione ed a Genova il carbone si doveva importare, comprandolo all'estero. Per questo l'amministrazione comunale era piuttosto restia ad "imbarcarsi" in tale impresa... ("maninman..."). Così, dopo molti discorsi e ripensamenti, alla fine si decise di dare questo "servizio" in concessione alla "Società di illuminazione a gas" (a capitali svizzero-tedeschi) nel 1844.
Questa società iniziò con un impianto di produzione e stoccaggio a Borgo Incrociati (nella zona dove sorge l'attuale chiesa dei Diecimila Crocifissi in via Canevari)
Piantina TCI 1916 di proprietà degli autori |
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Nel 1846 iniziò la fornitura del servizio. Così, gradualmente, strade, piazze e case genovesi ebbero la loro bella illuminazione a gas illuminante. Questo è un esempio del fanale a "gas illuminante" usato fino all'inizio degli anni 30.
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In principio la luce a gas nelle case private era considerata un lusso ed in tante case ci si accontentava di una sola "fiamma" come dimostra questa quietanza per la fornitura "domestica" del 1909
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Nel 1852 venne illuminato il teatro Carlo Felice .
Nel 1853 venne impiantata una nuova officina a Sampierdarena alla foce del Polcevera per servire il ponente della città.
Nel 1857 la francese "Union des gas" subentra alla compagnia precedente assumendo la gestione degli impianti.
Nel 1868 vengono serviti anche i comuni di Sampierdarena, Cornigliano, Staglieno e Marassi; e dal 1891 al 1898 il servizio si estende a tutti gli altri comuni e "delegazioni" del "circondario". (Ricordiamo che nel 1873 erano stati annessi a Genova i comuni del Bisagno, da Albaro a Staglieno).
Nel 1908 inizia la produzione il nuovo impianto delle Gavette, la cui costruzione è iniziata nel 1906 su un terreno precedentemente adibito ad impianti sportivi.
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Alle "gavette, fino al 1904 ha giocato anche il Genoa
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Qui vediamo il nuovo impianto circolato in rosso su una successiva mappa del 1943, che però e ben dettagliata e serve bene allo scopo.
US Warmap 1943 fal Web |
Il sito delle Gavette, molto più grande dei precedenti, ospita nuovi e più moderni impianti, capaci di aumentare la produzione ai livelli richiesti dalle nuove necessità della città.
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Il gasometro delle Gavette - L'epopea del Gas M.Pittaluga M.Signorelli - edito da Erga-x-AMGA |
Distillando il carbone, si ottenevano numerosi sotto-prodotti. Il principale era il "coke" una qualità
di carbone "più pulito e con un potere calorifico superiore al carbone "di partenza". Questo era usato nelle acciaierie ma veniva anche venduto ai privati ad uso riscaldamento domestico e cucina (nei runfò si bruciava carbone...)
Qui un manifesto pubblicitario del coke che veniva venduto ai privati dalla azienda del gas a prezzo concorrenziale con il gas stesso ancora nel 1933.
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Come conseguenza dell'entrata in funzione del grande impianto delle Gavette la produzione dell'impianto di via Canevari diminuisce fono a cessare completamente nel 1911. Ma il sito continua ad appartenere alla società del gas e viene utilizzato come magazzino mentre i 4 gasometri restano in funzione. Verrà abbandonato alla fine degli anni 20 ed al suo posto sarà costruita la chiesa dei Diecimila Martiri Crocifissi(tra il 1933 e il 34) Però la US War Map 1943 riporta ancora un grosso gasometro a Borgo Incrociati e non mette la chiesa (uno serbatoio solo, non 4 e spostato un po' a monte... bisognerà approfondire e tornare in argomento al più presto) .
US War Map 1943 dal Web |
Nel 1922 un consorzio di comuni con a capo quello di Genova rileva la gestione degli impianti (e nel 1936 nasce l' AMGA).
Nel 1927 entra in funzione il "binario industriale della Valbisagno" che, partendo dalla stazione FS merci di Terralba permetteva di rifornire a costi ridotti, oltre all'Officina del Gas, anche il mercato all'ingrosso di Corso Sardegna, il mattatoio di Cà de Pitta, e varie altre aziende ad esso collegate.
Per collegare il binario alla Officina del Gas si dovette appositamente costruire un ponte che tagliava obliquamente il letto del torrente con con una curva compatibile alla manovra del treno.
Qui ne vediamo il primo tratto del percorso, mentre per il secondo tratto rimandiamo alla predente US WarMap.
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Massicciata e ponte prima della posa dei binari
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il collaudo del ponte:
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Il treno sbucava da Piazza Giusti e girava da Corso Sardegna
Piazza Giusti+Treno vuoto di ritorno - cartolina colorata da Marcello Fezzaroni |
Il treno transitava a passo d'uomo da Corso Sardegna e poi da via del Piano. Dapprima trainato da locomotive a vapore.
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In seguito sostituite da moderni locomotori Diesel
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Nel 1936 vennero inaugurati alle Gavette nuovi impianti molto più performanti di quelli vecchi e fu così possibile dismettere l'officina del Gas di Sampierdarena, lasciandovi solo il gasometro e concentrando tutta la produzione alle Gavette.
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Presentando il primo "fanale a gas illuminante" non abbiamo accennato al principio del suo funzionamento. Il gas, sebbene depurato a secco, conteneva finissime particelle di carbone che entravano nel processo di combustione del gas aumentando la luminosità della fiamma.
La fiamma così era più luminosa, ma la polvere causava depositi ed ostruzioni nei tubi e sugli ugelli, che dovano essere oggetto di continua manutenzione a spese del cliente.
Eco un tariffario per la manutenzione delle apparecchiature a gas illuminante :
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Nei primi anni 30, con il perfezionamento dei metodi di filtraggio del gas la "polvere sottile" venne eliminata e si dovette sostituirla con un accorgimento per aumentare la luminosità della fiamma. Si dovette quindi sostituire il "becco a fiamma libera" con uno munito di una reticella. Si dovette trovare una rete di materiale incombustibile che, infiammandosi, diventasse incandescente emettendo luce. Le prime reticelle metalliche, furono sostituite da reticelle in amianto, che davano una resa luminosa migliore. ( a quei tempi le proprietà cancerogene dell'amianto non erano conosciute).
Questo "nuovo" gas fu chiamato "gas di città" per distinguerlo dal "gas illuminante" prodotto in precedenza,
Ecco una lampada a Gas di città , del tipo "a muro"
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Il gas era anche usato per cucinare, in alternativa al coke. Per questo l'Azienda del Gas aveva fatto produrre e reclamizzava i "celebri" fornelli a gas che si posizionavano sopra il runfò.
Nella foto un modello che ci è poco familiare, con quella specie di "serbatoio" sotto al "fuoco" centrale, di cui non comprendiamo la funzione. Forse un filtro ad acqua per depurare il gas dalle polveri sottili del carbone.
Quelli che abbiamo visto, poggiati sui runfò, nel dopoguerra erano bianchi, a tre fuochi e senza quel "coso" sotto, ma funzionavano già a "gas di città" che, come detto più sopra, era già depurato in origine.
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Con il gas ci si scaldava pure. Scaldarsi col gas era caro, ma era più comodo e pulito delle stufe a carbone, che si dovevano caricare e pulire.
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Scaldarsi d'inverno, senza doversi sporcare le mani col carbone era una cosa "da signori" come cosa da signori era poter disporre della vasca da bagno e dello scaldabagno a gas. (i meno abbienti scaldavano l'acqua sul fuoco "a pentolate" e facevano il bagno nel "mastello")
I primi scaldabagni a gas erano ad accumulo di acqua calda (come gli attuali "boiler elettrici"?. Del resto a quei tempi la doccia non era un uso comune). Si trattava di oggetti piuttosto ingombranti e pesanti che andavano posati sul pavimento.
Nella foto uno dei primi modelli "istantanei", a serpentina, come quelli in uso oggi.
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Ora che ci siamo riscaldati e lavati... avremmo bisogno di un bel cambio di "biancheria" ma per la "lavatrice" dovremo aspettare la corrente elettrica... Pazienza, intanto laveremo a mano, magari nel "treuggio" ma per stirare... il gas ci da già una mano...
Niente più scomodi ferri a carbonella, basta litigare con le braci, giri un rubinetto ed accosti un cerino
ed il ferro da stiro a gas è bello pronto a fare il suo lavoro.
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Luce, riscaldamento, ed altre comodità domestiche introdotte dal gas avevano però un prezzo.
Abbiamo già visto una modesta bolletta di lire 2,20 forfait per un singolo becco di illuminazione, ma come ci si regolava per la tassazione "a consumo" . Beh, proprio come adesso... c'era il contatore.
I primi contatori erano a "tassametro" come i parchimetri attuali. Mettevi moneta e ti fornivano un tot di gas. Così magari la luce ti si spegneva nel bel mezzo della cena e dovevi accendere la candela ed andare a mettere un'altra moneta nel contatore...
Ma all'epoca il progresso faceva passi da gigante e presto venne adottato un contatore moderno
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Con l'adozione del "gas di città" e gli ulteriori progressi della tecnica si riuscì ad eliminare l'acqua (fonte di depositi e corrosioni) e si arrivò all'attuale contatore "a secco"
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Ma torniamo agli impianti. Durante la guerra l'Officina del Gas subì gravi danni agli impianti ed ai serbatoi e, verso la fine della guerra, dovette cessare la produzione a causa della mancanza di carbone.
La produzione riprese il 15 novembre del 1945 e si normalizzò nel 1947.
Negli anni 50, dismessi i gasometri di Sampierdarena e di via Canevari, ne venne realizzato uno a Campi. Questa è una foto del 2009.
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Ecco una piantina degli impianti nel dopoguerra
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Una panoramica degli impianti nel dopo-guerra:
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Negli anni 50 presso la sede della società venne creato il negozio degli apparecchi a gas
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E nello stesso tempo misero su un battage pubblicitario per invogliare il pubblico all'acquisto dei prodotti ed al conseguente "consumo del gas"
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Nel 1954 iniziò la conversione della rete al metano, una operazione che si concluse solo nel 1972, dopo di che gli impianti di produzione del "gas di città" vennero chiusi e smantellati.
Ma questa è un'altra storia.
L'epilogo di questa "avventura" è in queste ultime foto scattate nel 2000.
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Anche il grande ponte delle ferrovia qui appare ridimensionato, piccolo ed inutile e presto sarà distrutto
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Spariti i forni, i depositi ed i grandi serbatoi non rimane che un grande posteggio
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Grazie delle notizie
RispondiEliminaGrazie delle notizie
RispondiEliminaringrazio molto, avevo questa curiosità partendo da quanto scritto dal Prevosto Noris nel suo libretto del 1870 circa sulla chiesa dei Diecimila Crocifissi. elisabetta
RispondiEliminaBellissimo documento che riporta ricordi ma anche e soprattutto cose sconosciute come la prima officina del gas di via Canevari. Complimenti
RispondiEliminaAnche io fino ad un mese fa ignoravo quasi tutto di ciò che ho scritto nel post... Così leggendo il libro... ho pensato di fare un riassuntino... non si finisce mai di imparare
RispondiEliminaMolto interessante anche perché mi ricorda la mia infanzia. Da bambino aspettavo il passaggio del treno in Via del Piano ed ero più contento quando il traino era fatto dalla locomotiva a vapore. Un particolare curioso: quando si aveva la pertosse (tosse asinina), venivamo portati alle Gavette per respirare dei fumi che sbucavano da bocchette a terra. Si diceva che quei vapori fossero benefici per fa sparire la pertosse.
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