mercoledì 25 gennaio 2017

Diritto di asilo





Genova, una vecchia stradina, una vecchia porta...

Foto di Roberto Crisci


... ed una vecchia targa di marmo... mi hanno riportato in mente un vecchio racconto.

Foto di Roberto Crisci





"Diritto di Asilo"

Oggi lo intendiamo in modo diverso, figlio della "globalizzazione", e lo troviamo nelle Ambasciate.

Un tempo, nel "mondo ristretto" della vita cittadina,  "l'asilo"  lo garantivano i luoghi consacrati.
Se riuscivamo ad infilarci in chiesa, o meglio ancora in convento eravamo in salvo, intoccabili sia ai "birri" che alle vendette private.

Per tanti era un modo per evitare la prigione o salvarsi la pelle, dando tempo ad amici e parenti di trovare scappatoie, legali e non, per toglierci dagli impicci, negoziando con chi di dovere.

Altri, non molti per fortuna, con la formula dell'asilo  ci campavano... bivaccando sui gradini delle chiese, (anche i gradini ed a volte anche i sagrati delle chiese garantivano l'immunità) in attesa della vittima da "spennare" e poi subito in chiesa, a mangiare la minestra dei frati.

Avrete già capito che questo non è il nostro solito post, questa volta raccontiamo una storia, forse vera, forse no, una storia con la "s" minuscola , una storiella.

La storia di una certa signora e del suo vino.  Alla signora daremo un nome inventato, va bene "Teresa" ? . Si Teresa va bene, e il vino ?  Beh, lo chiameremo "Vino" e basta. Non sappiamo da dove veniva né se aveva un nome, trattandosi di cose segrete, come si conviene a dei contrabbandieri.  E sì, "Vino" entrava a Genova di contrabbando, evadendo le "gabelle" e, prendendosi gioco di birri e gabellieri se ne andava nell'osteria della Teresa che lo vendeva in gran quantità ed a prezzi concorrenziali rispetto alle altre taverne.

La cosa per un po' scorreva liscia come ... il vino. Teresa faceva affari d'oro, con la coda dei clienti fuori della bottega. Vino era buono, toglieva la sete e metteva allegria e tutti lo volevano, persino i birri ed i gabellieri.

Poi i concorrenti iniziarono a mormorare, quindi a protestare. Lettere anonime fioccavano come neve a gennaio e le autorità non poterono più ignorare la cosa e decisero di far arrestare Teresa.

Ma fra i birri Teresa contava molti clienti affezionati che l'avvisarono in tempo utile per permetterle di rifugiarsi presso certi canonici (per combinazione anch'essi buoni clienti).

E Vino? ,  chiederete voi. Che ne è stato di Vino?  Beh, non sarebbe stato giusto abbandonarlo nelle grinfie delle Autorità Costituite, quindi la compassionevole Teresa se lo portò con sé in canonica.

La voce  che Teresa (e Vino) si erano trasferiti in canonica si sparse subito in città e fuori della chiesa si radunava tutti i giorni una folla che non si era mai vista nemmeno alla messa di Pasqua. Tutti volevano rallegrarsi con Teresa per lo scampato pericolo e rallegrarsene con un po' di Vino...

Così Teresa continuò la sua benefica quanto lucrosa attività nel chiostro della canonica con gran scandalo dei benpensanti e gran gioia dei buontemponi, che trovavano in Vino allegria e consolazione.

Ma le Autorità non potevano tollerare di essere criticate dai benpensanti e derise dai buontemponi e fecero invano vari e vani tentativi di fermare legalmente questo andazzo.

Alla fine venne chiamato da fuori Genova un famoso teologo e gli venne spiegato il caso.

Pensa e ripensa alla fine questi trovò la soluzione:  alla Teresa non potevano fare niente perché in quanto cristiana battezzata  godeva in pieno della immunità del luogo. Invece  se la presero con Vino che non essendo cristiano e battezzato non aveva diritto all'asilo e quindi poteva venire arrestato e tradotto in catene in prigione.

E così avvenne, con gran scorno di Teresa, gran dispiacere e rimpianto dei canonici e dei bevitori tutti. Vino venne arrestato e deportato, non sappiamo dove... ma per qualche giorno la inaspettata allegria dei birri che lo avevano portato via ci fa ben sperare che non sia andato sprecato.




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