Di piazza Fontane Marose (alias Piazza Fontane Amorose, alias Piazza Amorosa) abbiamo già accennato di sfuggita parlando di altre strade o piazze.
Fontane Marose (freccia rossa) - ricostruzione ideale in un plastico al Palazzo Rosso. |
La fontana che ha dato il nome alla piazza non esiste più essendo stata interrata nel 1849 durante la costruzione della attuale via Interiano.
La fontana captava le abbondanti acque del rivo che scorreva nella valle Bachernia, oggi via Caffaro, e le sue origini sono molto antiche anche se non documentate fino al 1206, quando venne ricostruita (ristrutturata?) e sul luogo venne affissa una targa commemorativa .
Ulteriori rifacimenti ebbero luogo nel 1427 (seconda lapide) ed infine nel 1558 (terza lapide), in occasione della costruzione della "via Aurea" poi Strada Nuova" (via Garibaldi).
Quest'ultima versione consisteva in una grandiosa fontana in pietra di finale a tre arcate, da qui il plurale "fontane".
Le targhe sono ancora visibili sulla parete di Palazzo Interiano, nell'angolo tra via Interiano e la piazza.
L'etimologia del nome e le sue varianti hanno dato luogo a teorie fantasiose e contraddittorie.
Ci piace sposare la più semplice, "Fontane Marose", che riteniamo la più vicina alla realtà ed è già citata nella prima lapide del 1206.
Certamente la fontana era frequentata dalle lavandaie, e dalla servette dei dintorni che vi venivano ad attinger acqua e lavare i panni. Facile pensare che vi si recassero anche i giovanotti per aver occasione di corteggiare le ragazze e fissare appuntamenti serali, magari ai margini della fontana stessa. Amoreggiare, come costume dell'epoca, significava di giorno tanti sguardi e poche parole, la sera, complice il buio ... chissà....
Facile pensare che il nome "amorose", entrato dapprima nell'uso popolare e da qui alle fonti scritte, derivi da queste frequentazioni.
E' anche possibile pensare che l'amministrazione bacchettona del 1800 abbia incaricato l'archivista Giuseppe Banchero di trovare un motivo qualsivoglia per giustificare il cambiamento di quel nome "vergognoso". Detto e fatto: trovato negli archivi un certo "Maroso" (forse) un tempo abitante in zona, la scusa fu pronta per trasformare le non più esistenti fontane in "Marose" e cambiare di conseguenza il nome ufficiale alla piazza.
Il ritrovamento, avvenuto nel 1891, delle lapidi in un magazzino del comune, ha confermato il nome "Marose" e tolto gli ultimi dubbi.
Riccardo Navone, in "viaggio nei carrugi" riporta che la fontana è stata distrutta già a metà del 1500, . Però altre fonti datano la demolizione della fontana al preciso momento della costruzione di via Interiano (tre secoli dopo) ed anche le mappe successive al 1550 sembrano confermare la sua esistenza (o per lo meno l'esistenza di un manufatto in quella posizione). Anche la terza targa, datata 1558 sembrerebbe testimoniare un restauro della fontana e non la sua demolizione. Quindi, a nostro parere, l'affermazione di Riccardo Navone (salvo prova contraria) è sbagliata.
In questa mappa del 1766 la fontana c'è ancora, ne vediamo la sagoma nell'angolo superiore a sinistra della piazza
particolare dalla Pianta di Giacomo Brusco, 1766 dalla raccolta dei Giolfi Palazzo Rosso ufficio Belle Arti |
Qui siamo nel 1846, pochi anni prima della distruzione della fontana e dall'apertura di via Interiano; la fontana dovrebbe esserci ancora ma vediamo solo lo spigolo della piazza tagliato ad angolo retto.
Vediamo inoltre segnalato nella mappa il palazzo della posta
particolare dalla Carta Topografica della Città di Genova ed. Grondona 1846 - di proprietà degli autori |
Della fontana abbiamo diverse descrizioni ma non abbiamo una buona immagine antica. Il meglio che possiamo fare è cercare di riuscire a distinguerla nell'angolo a destra del dipinto del XVII sec. che raffigura la "giostra":
ovvero questa immagine qui:
La loro posizione comunque è accertata
Mappa .... pubblicata da Marco Cazzulo |
Sviscerata la questione "fontane" passiamo dal lato opposto, che in passato comprendeva due palazzi in più di adesso, che restringevano la piazza. In questa stampa settecentesca notiamo l'imboccatura di Salita Santa Caterina
da: Genova Antica e dintorni ed. Mondani |
Intorno al 1830 il livello della piazza venne rialzato di circa 1 metro e le entrate dei palazzi, cui prima si accedeva salendo alcuni gradini, vennero a trovarsi sotto il livello stradale. Questo comportò modifiche sia alla facciata che agli interni, con un lungo contenzioso dei proprietari con il comune.
Qui in una mappa del 1854 del Foppiani, che ci mostra la rampa in discesa fatta per raggiungere in carrozza i portoni del palazzo Negrone e le successive scalette.
Qui una immagine del Palazzo Negrone qualche decennio dopo l'innalzamento del livello stradale (da confrontare con le precedenti e le successive)
Da "Palazzo Negrone" - guida Sagep n. 26 - (Ennio Poleggi) |
Nel 1911 la rampa era stata eliminata ed i portoni portati a livello stradale. Non ci soffermiamo a valutare eventuali variazioni nel prospetto della facciata.
Cartolina spedita nel 1911 |
Dalla parte opposta della piazza, la ringhiera che da su via Luccoli, era un tempo detta "i faeri da posta" dove i corrieri legavano i cavalli.
Stando alla mappa del 1846, questo dovrebbe essere l'Ufficio Postale.
Nella piazza, in questo periodo, c'era il capolinea delle vetture pubbliche dirette a levante e su per la valle del Bisagno.
L'ufficio della posta fu poi spostato nella appena costruita Galleria Mazzini.
da: Vecchia Genova - ed. Valenti |
cartolina, ed. non rilevato - sped. 1911 |
In questa immagine l'ex palazzo delle poste è ripulito e le poste sono già andate via.
da: I quartieri di Genova Antica - ed. Tolozzi |
La Salita Santa Caterina ha origini molto antiche ed era originariamente la continuazione di via Luccoli, lungo un antico percorso che da Soziglia raggiungeva la collina dell'Acquasola.
Qui una piantina del Poleggi ci illustra la situazione nel XIII secolo. Come vediamo, all'epoca, il convento sorgeva in una zona solitaria e non edificata, accanto alla porta di Murtedo, che prese proprio dal convento il nome di Porta di Santa Caterina che finì per prevalere sulla denominazione originaria.
Una città portuale del Medioevo - Genova nei secolo X-XVI di L.G.Bianchi e E.Poleggi ed. Sagep |
Anche la strada prende il nome dal convento di Santa Caterina di Alessandria, fondato nel 1228 (a sinistra sulla mappa del 1766 contrassegnato dal n.44) che verrà in seguito demolito nel 1798 e sostituito dai palazzi che si vedono al suo posto nella mappa del 1846.
Nella mappa che segue il Poleggi ha "fotografato la situazione edilizia della zona nel secolo XV e ci mostra la nuove mura che hanno sostituito quelle del Barbarossa.
Vediamo che l'abitato ha già raggiunto il convento e la porta è stata spostata in zona Acquasola. (ma la "voce popolare" trasferisce il nome "S. Caterina" anche alla nuova porta...)
Una città portuale del Medioevo - Genova nei secolo X-XVI di L.G.Bianchi e E.Poleggi ed. Sagep |
Nelle due immagini che seguono si può notare l'arco dell'aquedotto che passava sopra alla salita S.Caterina. Costruito nel 1462, venne distrutto nel 1873 per la costruzione di via Roma,
da: Genova Antica e dintorni - ed. Mondani |
Siccome L'acquedotto passava sulle mura del Barbarossa, possiamo dedurre che in questo punto si trovasse l'antico portello di S. Caterina.
cartolina - ed Mangini - non circolata |
Ancora una piccola curiosità. Sulla salita di Santa Caterina sboccava la odierna via San Giuseppe ovvero la "famigerata Crosa del Diavolo", oggetto di "leggende metropolitane" dell'epoca.
Mappa del Foppiani del 1854 |
Riporto tale e quale da wikipedia una delle tante versioni della leggenda metropolitana della Creusa del Diavolo:
""Largo San Giuseppe,
nei pressi di Via XII Ottobre assunse tale denominazione “liturgica” solo nel
1875, a ricordo della devozione al santo, che Genova elesse tra i propri
protettori nel 1684 (“A San Gioxeppe se ti pêu,
impi na poela de frisciêu”, recita un antico proverbio). Prima (se
ne hanno notizie dal XIII secolo) si chiamava “Creuza
do diao”, la crosa del Diavolo, e specie nel ‘500, si evitava con
cura di passare nella zona dopo il tramonto. Troppe le testimonianze (anche da
parte di notabili) circa gemiti tra gli alberi secolari, spaventosi rumori di
catene e palpitare d’ombre spettrali. Il nome della via, quindi era più che
appropriato. Ma si scoprì poi che il demonio non c’entrava niente: si trattava
di rumori e manifestazioni “paranormali” prodotte da uomini vivi e ben
indaffarati. Contrabbandieri, criminali, mestatori? Chi lo sa? Uomini
desiderosi di quiete e silenzio, ottenuta con una serie di stratagemmi neppure
troppo ingegnosi: un uomo sui trampoli munito del prevedibile lenzuolo e di una
zucca illuminata all’interno di una candela (in tempi molto anteriori ad
Halloween!), qualche tacchino con catenelle fissate alle zampe e via dicendo"".
Mappa francese del 1907 elaborata e commentata da Emiliano Beri |
ho notato da una stampa settencentesca come l accesso a via xxv aprile da pzzafontane marose fosse bloccato da un muro del palazzo
RispondiEliminaVia XXV Aprile fu costruita solo nel 1825, con il nome di via Carlo Felice, demolendo gli edifici che che si trovavano sul suo percorso.
EliminaNel 1700 non c'era ancora un percorso diretto tra P.Fontane Morose e piazza San Domenico (ora De Ferrari)
Se vai a vedere il post su via xxv Aprile troverai maggiori dettagli.