lunedì 24 febbraio 2020

1977 il Porto di Genova - alla vigilia della rivoluzione dei trasporti.





Ravattando...



Ravattando... vien sempre fuori qualcosa.
Oggi ho ritrovato un vecchio amico... un libro, naturalmente, :
""Porto Di Genova - Storia e Attualità"
di E.Poleggi & G.Timossi, edito da Sagep nel 1977.


La prima parte, "storia", era curata dal Poleggi e me la ero studiata per benino e scannerizzata tutta, anni fa, all'epoca in cui Lore ed io iniziavamo a scrivere il Blog.



La seconda parte l'avevo tralasciata: "attualità" (del 1977)... tutte cose che avevo visto e vissuto e che giudicavo troppo "recenti" per essere narrate in c'era una volta Genova.
A distanza di qualche anno l'ho "ritrovato", ed essendo invecchiati entrambi di qualche annetto, (lui ed io) penso che ci faremo quattro chiacchiere, insieme a voi, per ricordare i (bei ?) tempi passati .
E questa mappa è l'ideale per aiutarci a  ricordare i "mitici" anni 70 del nostro porto.




Parleremo quindi dell'attualità della metà degli anni 70, un momento cruciale per l'evoluzione dei trasporti marittimi e terrestri ed un periodo molto interessante per la storia portuale.
Ed intanto guardiamoci la tabella per vedere come eravamo "combinati".

 




Ed ora entriamo nei dettagli, iniziando con una foto emblematica per quegli anni:
Siamo nel 1977, e vediamo una foto della parte di levante del porto, presa dal "silos nuovo" oggi distrutto. 
In primo piano il ponte Parodi con i rimorchiatori in attesa di prendere servizio.
In mezzo al porto antico, davanti al Molo Vecchio c'è il "parco" chiatte.
Dietro al Molo Vecchio vediamo le Officine Riparazioni Navi (OARN) ed i bacini di carenaggio.
Una delle due "Bianche Gemelle", la Raffaello, è in disarmo, ormai da due anni,  ormeggiata di poppa al Molo Giano, in attesa della sua triste fine.

 




 Un'altra vista dei rimorchiatori ormeggiati a Ponte Parodi, visti dal mare. 
Lassù, in alto, il Forte Begato, un forte abbandonato, si gode il panorama, crogiolandosi al sole, come un vecchio pensionato.

 



A proposito della Raffaello, il libro ora ci mostra una foto dei primi anni 70, mentre la nave, ancora in servizio attivo, si accingeva a ricevere un rifornimento di combustibile da una bettolina.

 



 Eccoci a Ponte Idroscalo Ponente Radice, dove negli anni 60-70 si sbarcavano ed immagazzinavano i tronchi, in gran parte provenienti dall'Africa Occidentale. Essenze pregiate che alimentavano i mobilifici lombardi e piemontesi. 
In radice, tra i ponti Idroscalo ed Etiopia, vediamo il "porticciolo Ignazio Inglese.




Più dettagliata della precedente, questa immagine ci mostra la stazione dei Vigili del Fuoco del porto e tre "lance antincendio". Ricordo che tutti i rimorchiatori sono forniti di potenti mezzi antincendio e sono tenuti ad intervenire su richiesta della autorità portuale.




Sempre all'Idroscalo ponente, anni 70, zona sbarco tronchi. Ne vediamo una pila, attaccata al muro di divisione con il deposito del carbone della centrale Enel, bello pieno, sul quale svettano i due grossi elevatori con i bracci rialzati, in posizione di riposo. Notare che i tronchi una volta sbarcati a piazzale, venivano appilati dividendoli per "marca". Qui li vediamo tutti marcati "ST".




Questa immagine è un "aggancio di precisione.
Si sta ricaricando un tronco dal piazzale al mezzo che lo porterà a destinazione. A seconda del peso del tronco si usava una semovente B 51 o 52 Bellotti al cui braccio era appeso il gancio che reggeva questa specie di "tenaglia". La tenaglia, andando in tensione, si conficcava nel tronco, senza rovinarlo, giusto quel tanto da tenerlo agganciato e poterlo sollevare e caricare. Inutile dire che bisognava sapere dove e come "inganciare" in modo da evitare pericolosi sganciamenti accidentali.




Siamo nuovamente all'Idroscalo, ma in "testata", Un posto normalmente poco gettonato perchè privo di grue di banchina su rotaia. Questa nave è specializzata nel trasporto di tronchi (o grosse tubature e materiali affini). Lo deduciamo dal bigo singolo di buona portata (swimming-boom) e dalla struttura gialla in coperta.
La nave ha sbarcato tronchi (la banchina è ancora piena di scorze) e sta imbarcando merci varie in esportazione con una gru mobile. Vedo un'auto appesa e dei trattori in coperta.


Questo invece è legname lavorato e sqadrato in legacci reggettati. Negli anni 70 arrivava dalla costa del Pacifico di USA/Canada, in grossi lotti, a volte navi intere. Un traffico che ci spartivamo con Savona che aveva tariffe e rese molto concorrenziali. Ne arrivava anche dal Baltico ma in quantità minore. Questa è addirittura una nave specializzata e munita di carro ponte a bordo. Questi carri ponte sembravano il toccasana per la movimentazione dei carichi pesanti, ma pativano il "mal di mare" ed arrivati in porto avevano spesso dei problemi. Cosa per cui non hanno avuto molto seguito nelle costruzini navali dei decenni successivi.




Fra le merci di sbarco più gettonate c'era il cotone (e altre fibre vegetali)





Viaggiavano in genere sulle navi merci di linea, in grossi lotti, ma bisognava fare la divisione per marche.




Questo invece non è cotone ma balle di juta senza involucro e pure mal reggettate: ci vuole il "ligaballe".



Poi c'erano i prodotti siderurgici. Il libro mi offre solo due foto di "imbarco di Coils" e quindi mi limiterò a questo argomento. I coils, sono enormi rotoloni di lamierino di diversi spessori (dalla latta in su).
Quelli usati per confezionare le lattine subiscono un trattamento antiossidante speciale per alimenti e vengono denominati "banda stagnata"
Siccome il prezzo alla produzione era quasi uguale dappertutto, avevano un mercato molto strano, che oscillava a seconda del cambio del dollaro. Con il dollaro alto se ne esportavano a migliaia di tonnellate alla volta. Mentre quando il dollaro era basso erano migliaia di tonnellate che arrivavano in importazione.
Ma, imbarcare o sbarcare, era sempre lavorare... 😉😁





Calata Sanità a monte e calata Bettolo a mare. Ora terminal containers SECH.
La calata Bettolo, un tempo addetta allo sbarco delle rinfuse, è stata di recente "tombata".

 



Tante cose nuove accaddero in quegli anni nel porto, come l'inizio del traffico RoRo iniziando dai Traghetti per le Isole, per poi estendesi ai vicini porti spagnoli e Nord Africani.
Nella immagine una nave dalla Corsica Ferries ed una di una nave dalla Tirrenia.




Negli anni 60-70 le industrie tiravano a pieno regime ed erano letteralmente affamate di materie prime che venivano sbarcate in "zona rinfuse" Bettolo, Rubattino, San Giorgio.
Caolino, zolfo, carbone, nerofumo, minerali vari, ferro e rottami, arrivavano a navi piene... Non era un "bel lavorare" ma comunque era un "gran lavorare"



Sbarco zolfo



I "nuovi" elevatori per rinfuse... oggi di tutto ciò non rimane nulla... saranno stati trasformati nei rottami che che usualmente scaricavano?



Anche i vecchi elevatori per le rinfuse non ci sono più... qui ne vediamo una selva, tutti al lavoro nei primi anni 70.





Il deposito del sale.
Il sale è stato sempre una merce importante nell'antichità. Oggetto di monopolio, controllato dallo stato.

In Italia la liberalizzazione del suo commercio è avvenuta negli anni 70 (se ricordo bene...)

A Genova non abbiamo saline ma gli antichi genovesi ne hanno sempre fatto oggetto del loro commercio acquisendo saline in giro per il mediterraneo ed accentrando in Genova il suo immagazinamento e commercio. 

 
Ricordo (male, perchè era fuori dei miei itineri abituali) negli anni 70 il magazzino del sale a calata Bengasi. Ci sbarcavano "navette" sulle 1000-1500 ton di stazza lorda.

1969 porto di Genova




Il magazzino "monital" è sparito e adesso ci sono solo containers e rampe per traghetti. Anche quella piccola "attività" è sparita da Genova. Dove lo sbarcano ora il sale che vendono al supermercato?




C'era una volta il silos a Genova.




Il primo silos a Genova risale al 1901. Poi arrivò quello di Ponte Parodi che durò "lo spazio d'un mattino".
Oggi rimane quello vecchio che ancora ignora il suo destino.
 




Il porto cambiava pian piano, addottando timide migliorie, come le norie elettriche, il cui uso era però limitato allo sbarco della frutta al Somalia Ponente  e poche altre merci confezionate in cartoni.




Altre novità arrivavano dall'estero... chi si ricorda delle Navi Lash della Prudential Line, con le loro grosse chiatte da 400 tons. ?
Sono durate il lampo d'un mattino: troppo specializzate e poco versatili nonchè anti economiche rispetto al verstilissimo, mobilissimo, economico container. 


Il porto, nei primi anni 70, continuava la sua vita normale (scioperi, e disservizi permettendo) e nessuno (di noi piccole pedine nel grande scacchiere dello "shippig") immaginava quello che ci preparava il futuro.
Gli utenti erano preoccupati degli alti costi del lavoro portuale e cercavano di trovare nuovi sistemi per velocizzare le operazioni e ridurre i costi.
 
Un armatore con un cognome illustre (nel nostro campo) aveva appena affermato "Il futuro dello shipping sarà la pallettizzazione" e tutte le Compagnie (di Navigazione) si stavano attrezzando con magazzini dedicati alla pallettizzazione delle merci in colli sciolti, in modo da aumentare le "rese" di imbarco e sbarco. (E fare sconti ai clienti che arrivavano con la merce già pallettizzata in origine). Una sola persona, in Italia, aveva capito invece che il futuro era il container, e questo fece la sua fortuna nel mondo dello shipping. (ma questa è un'altra storia, che non racconteremo mai).




Anche l'autorità portuale aveva compreso l'importanza della "unitizzazione della merce" e della razionalizzazione degli imbarchi e si era attrezzata con un apposito magazzino:


Sempre con l'intento di razionalizzare e sveltire le operazioni in banchina ed abbassare il costo finale delle stesse, erano stati istituiti magazzini  e scali specializzati per lo sbarco di frutta, legnami, lana, cellulosa etc.
E, nel bel mezzo di tutte queste iniziative, cominciarono a fare la loro apparizione i "containers". Apparizione dapprima "sporadica", in coperta delle navi che venivano dagli USA, sbarcati con "penzoli e ganci" , non facevano proprio una grande figura.
 



Tradizionalmente eravamo abituati a sollevare le merci passandoci i cavi o gli attrezzi sotto e da principio questa novità sollevò più di una perplessità ed i soliti mugugni (dura poco... prima o poi si sgancia e bum! qualcuno ci lascia la pelle... bah, le inventano tutte per rubarci il lavoro (o per impedirci di rubacchiare sul lavoro... ma questo era solo sottinteso 😉).




 Il Container, nei primi anni 70 era una vera novità, all'epoca nessuno di noi operarori del settore, aveva capito la portata rivoluzionaria di quello "strumento": il concetto di  "Intermodalismo" (che ora è sulla bocca anche dei non addetti ai lavori, ma di cui forse parleremo in un altro post).




Fu così che imparammo nuove tecniche e nuove parole. Si cominciò a dire "sprider" (scritto spreader) ovvero quel grosso attrezzo che aggancia il container da sopra e lo solleva; "tiu" (scritto teu) per l'unità da 20 piedi. Ripassammo le tabelline di conversione delle misure per riscoprire che il teu misurava circa 6 metri (20x33,33centimetri circa).
Qui una vista di Sampierdarena, anni 70 con i primi due piccoli terminals, ancora confusi e mescolati nel caos del porto tradizionale.




Inizialmente attrezzarono due Banchine (Ronco e Libia) con le "Portainers" (gru a portico?) e qualche semovente sui piazzali.  Qui siamo al Ronco arrampicati su una Portainer Pacheco e vediamo il piazzale e l'altra Pacheco.



La gru a portale (carro-ponte) per la movimentazione dei pieni a piazzale.




I 20' vuoti venivano movimentati con i Forklifts (carrelli con forche) mentre per i 40 "senza tasche" ci voleva la semovente B52 con lo spreader.






 A complicare le cose poi c'era la Sealand con i 35' . Nè 20' ne 40' ma 35'. Perchè? perche negli USA "si usa" così. Ah beh...allora... Allora uno spreader speciale, rimorchi speciali, e noli... Beh per i "noli marittimi" si regolavano all'Americana : quando gli conveniva lo consideravano e tassavano 20' altrimenti "valeva" 40'. Era uno spasso discutere con loro di noli in Conference (WINAC, West Italy North Atlantic Conference) : Per questa merce al 35' vogliamo il nolo dei 20' per quest'altra il nolo dei 40' sempre con la larvata minaccia: se no andiamo in USA e vi facciamo "action" per concorrenza sleale in quanto se non possiedo 20' ho il diritto di usare i 35' (quasi il doppio della portata) come se fossero 20'. Sembra che negli USA, se questo concetto veniva sostenuto da una compagnia USA, i tribunali gli davano ragione. 
Ma era solo una larvata minaccia... non hanno mai avuto bisogno di metterla in pratica... Vivi e lascia vivere era il nostro motto... anche perchè, da principo, la torta era grossa ed ognuno riusciva a ritagliarsi la fetta che gli serviva per tirare avanti. Poi sono arrivati i cinesi... e abbiamo tirato tutti la cinghia, prima di andare in tanti a gambe all'aria, noi e Sealand compresi, ma questa è un'altra storia...





 Eravamo dei "pionieri"? mah?!? - Forse qualcuno ci giocava a fare il pioniere... con miniterminals per mini-navi. Già mini-navi: oggi portano mediamente 15000 Teu, all'inizio la media girava sui 250 teu e una 800 teu ci pareva un "mostro".  Ma eravamo solo all'inizio, con poche idee, ma "ben confuse".



Questo raccontino finisce qui. Per farlo siamo stati "condizionati" dalle foto disponibili nel libro citato, cui abbiamo aggiunto esperienze di vita vissuta (dal 1963 al 2000). Perciò ci scusiamo se abbiamo omesso tante notizie e tante foto degli anni 70, che abbiamo, ma che il libro non riportava. Notizie e foto che in gran parte abbiamo già pubblicato singolarmente nel gruppo FB omonimo, o che prima o poi ci ricorderemo ed avremo tempo di pubblicare.
Cogliamo l'occasione per ricordare che Blog e Gruppo si supportano e si completano a vicenda e che, su entrambi, "stiamo lavorando per voi" (finchè salute e INPS  ce lo permetteranno).