giovedì 20 settembre 2018

1747 Guerra di successione austriaca - Trinceramenti campali al Pianderlino - Fulvio Majocco


Pubblichiamo una nuova (per noi) ricerca di Fulvio Majocco.


QUANDO LA LINEA DEL FRONTE PASSAVA PER PIANDERLINO

Durante la guerra di successione austriaca, Genova, alleata di Francia e Spagna, contro l’Austria (uso la terminologia comune, sebbene sia più corretto dire l’Impero), l’Inghilterra e il Regno di Sardegna, dovette fronteggiare due assedi. Il primo nel 1746, risolto nel dicembre dello stesso anno dalla rivolta popolare del Balilla e la conseguente cacciata degli austriaci al comando di  Antoniotto Botta Adorno, il secondo nel 1747 (dall’aprile al luglio) terminato con il ritiro degli assedianti al comando del generale Ferdinand Ludwig von Schulemburg Oeynahusen. Nel corso del 1747 le operazioni militari si svolsero attorno alla cinta muraria seicentesca in zone oggi inurbate da tempo, luoghi dove è quasi impossibile trovare tracce sul terreno o testimonianze degli avvenimenti narrati dai cronisti dell’epoca e dagli storici. Fanno eccezione alcune località, come la zona Madonna del Monte - Camaldoli, rimaste abbastanza integre nonostante siano passati oltre due secoli e mezzo. A guidarci sulle tracce di quei lontani accadimenti sarà il “Compendio delle Storie di Genova” di Francesco Maria Accinelli, nato a Genova nel borgo di Prè il 23 aprile del 1700, avviato agli studi letterari e teologici, ordinato sacerdote nel 1732. Ho scelto la sua opera, tra quelle riportate in bibliografia, perché l’autore fu testimone diretto e prese parte alla rivolta di Genova del 1746 e alla difesa della città nell’assedio del 1747, come usava allora anche per i sacerdoti e i religiosi.

Bibliografia sull'argomento consultabile in Internet-Google Books




L’intento di questa ricerca è di avvalersi della cronaca dell’epoca per ricercare sulle mappe dell’assedio evidenze delle fortificazioni campali (trinceramenti e ridotte) realizzate nella zona di Pianderlino e individuarne le tracce odierne sul terreno. Un compito non facile a distanza di tanto tempo, e sebbene abbia cercato di documentare la mia ricerca con riferimenti il più possibile precisi, in taluni casi formulo delle ipotesi ragionevolmente suffragate dai pochi elementi a disposizione. La località, che offre splendidi  panorami e una natura ancora rigogliosa, è facilmente raggiungibile in autobus (linea 67: P.za Martinez - Camaldoli), e nel 1747  fu teatro con le zone limitrofe di cruenti combattimenti per proteggere la posizione della Madonna del Monte, cruciale per la difesa della città.



Panorama verso i Camaldoli, poco sopra Forte Richelieu.

Vista verso la Madonna del Monte, che spunta sulla sinistra quasi al centro del Bosco dei Frati.


Vista verso i quartieri di S.Fruttuoso, S.Martino e Albaro.


Panorama verso Quezzi e la val Bisagno, sullo sfondo i Forti che nel 1747 non esistevano ancora.




Iniziamo a seguire la cronaca dell’assedio narrata dall’Accinelli. 19 aprile 1747 (pag. 204) : “Spedì il Scullemburgh per chiedere da Vienna nuovi rinforzi, così a Milano, ed a Turino. La truppa  Genovese si ritirò da Bolzaneto, e passò alla Tenaglia sopra Belvedere trincierandovisi ſino al Mare. Il Quartier  Generale della Polcevera, ch’era a alla Certosa di Rivarolo ſu  trasportato a detto Belvedere, ſu ordinato il taglio del Bosco  di Nostra Signora del Monte e de Camaldoli per fare delle palizzate”. 20 aprile (pag. 205) : “Attaccarono assai vivamente li Austriaci i Paesani accantonati a Bavari, al Monte de’ Ratti, ed a Camaldoli , ma accorsavi quantità di Cittadini furono alla sera rispinti, gl’inseguirono fino a Pino”. Dopo questi primi tentativi, Schulemburg dall’aprile ai primi di giugno stringe sempre più la morsa attorno a Genova, e giunte a rinforzo le truppe piemontesi si prepara a sferrare l’attacco finale per arrivare a Sturla, consentire alle navi inglesi di sbarcare le artiglierie d’assedio e conquistare la città. 12 giugno, grande attacco in Val Bisagno (pag.222-223): “Fra questi incidenti riuscì agli Austriaci occupare le alture tutte da quella parte fino alla Fiumara di Sturla. Innoltrandosi all' Eremo de’ Camaldoli, ed alla Montagna di Qu'ezzi ; uno staccamento del Colonello Vigo, e la Compagnia de’Cadetti Urbani sotto la direzione del Cavalier` Balbi li rispinsero dalle ridotte occupate sopra de’ Paesani, se ne fecero padroni fecero prodezze di meraviglia in mezzo al fuoco de’ nemici, secondarono i Corsi (truppe regolari reclutate in Corsica, isola allora genovese, n.d.r.) il loro coraggio con pari animosità, ma crescendo a dismisura de’ nemici il numero, solo si mantennero nella prima trinciera, e la seconda investirono 60 Paesani, e quantità di Preti staccatisi dalla Porta di Montaldo vi accorsero per agevolare l’ impresa , passarono alla terza, mancò loro dal Continuo fuoco la munizione, la distanza dalla Città non le permetteva si facile il procurarsela ,il Quartier Generale, ch' era a Nostra Signora del Monte gliene dilatò la provista , quando visto grosso staccamento del Reggimento Pallavícino fiancheggiato da’ Croati, e Panduri scendere da’Camaldoli per tagliarle la strada , tutti unitamente per non esser colti all'intorno, ripassarono al piano del Torrente di Quezzi trincerandosi nel Palazzo Cattaneo a Marassi, vi si fortificarono, vi si mantennero, 2 morti e 15 feriti vi furono de’ Genovesi, gran numero de’ nemici oltre quantità di feriti, restò sul Campo, nel mentre che rampicatasi su quelle eminenze scoscese. Se bene da lunga, e penosa marcia affaticate le Truppe degli Aggressori nemici, assaltarono l’importante posto della Madonna del Monte. Il Marchese di Roquepine vì avea fatti diversi trincieramenti , ma il Marchese di Leyde, che vi si trovava al comando giudicandoli incapaci di difesa, volea abbandonarli , il Maresciallo Sikel (Sickel, è il Sicre o de Sicre, l’architetto militare che tanta parte ebbe nel successivo progetto dei forti settecenteschi genovesi, n.d.r.), che comandava la truppa della Repubblica espose in un punto al Duca di Beufflers la necessità vi era di mantenere quel posto, da cui dipendeva la salvezza della_Città, retrocedè, e si ripigliò la difesa , v’accorsero Paesani , Cittadini, e Borghesi, continuò con vigore de’ nemici l’ assalto, ma con più d’ardire li respinsero i ‘difensori, 1800 tra morti, e feriti, vi lasciarono i primi, e fra quelli il Marchese Clerici, e 4 colonnelli, 140 uccisi, e da 50 tra feriti, e prigionieri i secondi” Dal racconto dell’Accinelli, drammatico e vivo come una diretta giornalistica, sappiamo che per far palizzate erano stati tagliati il bosco dei Camaldoli e quello dei Frati del Monte, apprendiamo inoltre che in prossimità della Madonna del Monte vi erano “diversi  trincieramenti”, ora per verificare quali e quanti erano, vedremo se essi sono riportati sulle mappe dell’epoca. Iniziamo a esaminare questo settore sulla “Planimetria delle fortificazioni campali a Genova e circondario durante l’assedio del 1747” (Museo Archivio Comune di Genova, inv. N.1684) sotto riportata , opera di una minuziosità e precisione esemplare disegnata da un cartografo anonimo al servizio imperiale, che in una visione a volo d’uccello ci mostra la situazione delle forze in campo dopo la metà di giugno 1747.


 

Nella zona che ci interessa sono evidenziati, da sinistra a destra, la Madonna del Monte, le ridotte indicate dal n.27 (leggenda: Redouettes garderes par les ennemis – Ridotte guardate dai nemici) delle quali quattro all’interno del perimetro del bosco, un grande trinceramento, che da  Via Pianderlino scende fino a Via Gaulli in corrispondenza del muro che circonda il bosco e uno più piccolo in direzione di Pianderlino, ambedue indicati dal n.24 (leggenda: Retranchemans des ennemis – trinceramenti dei nemici). I nemici della leggenda a piè di carta sono ovviamente i genovesi.







L’altra carta utile alla nostra ricerca è la “Carte Geometrique de la Ville des Environs de Gene, ou on voit l’expedition des Imperiaux et Piemontois contre le Genois et leurs alliez, ... dans l’année 1747” (Harvard College Library), anch’essa si riferisce alle posizioni occupate dopo l’attacco della metà di giugno e mostra lo stesso grande trinceramento già individuato, ma riporta anche altre interessanti notizie che vedremo in seguito.






L’attacco del 13 giugno costringe i genovesi ed i loro alleati a cedere terreno fin quasi alla piccola ridotta genovese di Via Pianderlino, punto scelto nel corso del secondo conflitto mondiale per allestirvi una batteria contraerea della Milizia. Gli austriaci del Reggimento Pallavicino preceduti da avanguardie di Panduri e Croati, soldataglia feroce che non esitava a saccheggiare e bruciare ciò che incontrava, scendono dai Camaldoli in direzione della Madonna della Monte.  Dopo uno sbandamento iniziale che costringe i genovesi a ritirarsi a Marassi nella zona dell’attuale Corso De Stefanis, le milizie tornano a difendere la posizione della Madonna del Monte. 






Un’altra carta dell’epoca mostra il particolare interessante della linea di resistenza dei genovesi che andava dalla Madonna del Monte allo Zerbino (dov’era appostata una batteria d’artiglieria, come a S.Bartolomeo) e le truppe austriache nella valle fino a Sturla, ad Albaro e a S.Martino, dove avevano posto il quartier generale in Salita della Noce. 

Giunge così il 15 giugno, giorno in cui si teme che tutto sia perduto o quasi (Pag.224): “Inchiodati a’ 15, e gettati in mare i pezzi della Batteria di S. Nazaro per tema non cadessero in mano de’ nemici si viddero in poco di tempo eseguite le mire del Co. di Scullemburgh, che dalla Torrazza (dove aveva il suo Quartier Generale) per vie alpestre, e senza riparo, ebbe la sua Truppa inoltrata fino alla Marina di Sturla, occupando il Campo Austriaco dalla Volpara la Valle del Vento, Quezzi e l’Eremo de’ Camaldoli ed il Bosco. Fu si vivo il fuoco, che contro di esso si faceva coll’artiglieria, e Mortari a Bombe dalle Batterie del Zerbino, e di S. Bartolomeo, che ſu ridotto a decampare, e ritirarsi all’altura, si continuò per più giorni incessante, se ne udiva non che per la gran Valle del Bisagno, per longo tratto di Mare il rimbombo” Le truppe austriache occupano in permanenza Pianderlino, e infatti su ambedue le carte citate sono indicate con tre rettangoli i reparti austriaci stazionanti o accampati nella zona, al comando del Generale Mariny come indicato nella leggenda di una di esse. La forza di questi reparti potrebbe essere quella di tre battaglioni, perciò qualche migliaio di uomini, forse appartenenti proprio al citato Reggimento Pallavicino. 





Ambedue le carte segnalano sull’altura dove oggi sorge il Forte di S.Tecla, la presenza di una cappella fortificata e una serie di batterie di cannoni austriaci delle quali la leggenda della carta sopra riportata specifica in francese tipo e utilizzo: n.20 - Una delle sei batterie che devono battere la Madonna del Monte con 7 cannoni a palla da 24 libbre, n.21 - batteria di 2 pezzi, n.23 – batteria di 3 pezzi, n.24 – batteria di 4 pezzi; tutti i pezzi dello stesso calibro della n.20. La batteria n.25 a Pianderlino armata con 4 piccoli cannoni e 2 mortai. Viene anche indicato al n.17 il campo del Generale Mariny, sempre a Pianderlino.









Trasposizione delle mappe citate su GoogleMaps. Per farlo ho preso come riferimenti la Madonna del Monte e i Camaldoli, ho ridotto tutto alla stessa scala e stampato su carta trasparente, riportato il tutto sull’immagine fotografica per sovrapposizione. 



Conquistata la spiaggia di Sturla gli inglesi iniziano a sbarcare le artiglierie, ma i genovesi ed i loro alleati resistono, e addirittura rinforzano le artiglierie della Madonna del Monte. 25 giugno (Pag.227): “Continuossi incessante il fuoco dal posto della Madonna del Monte, e vigorose scaramuccie contro nemici in Albaro nel qual giorno veduti del Puntone (un pontone genovese armato con cannoni) gli eſfetti, slargaronsi le Navi, ed il Generale Scullemburgh s’imbarcò per Savona. Li Picchetti de’GalloLiguri presero le alture' del Monte di Fascie, la Batteria della Madonna del Monte fu accresciuta ſino a 10 pezzi.” A luglio gli avvenimenti prendono una brutta piega per gli austro-inglesi che non riescono a piegare la resistenza della città nonostante l’assedio di terra ed il blocco navale inglese dell’ammiraglio Medley (Pag.229): “Nel mentre, che a primo Luglio il Cannone di Nostra Signora del Monte distrugge le opere andavano facendo i nemici all’ Eremo antico dí_S.Tecla, e lì bersagliava nel Palazzo di Gio. Agostino Pinello presso S.Martino, uno staccamento di 30 Granatieri francesi li scacciò da una Casa vicina, e l’agitazione del Mare non permesse agl’Inglesi di sbarcare l’artiglieria.” Il  2 luglio 1747, dopo otto giorni di malattia muore a 42 anni il Duca di Boufflers, comandante militare della Piazza e amatissimo dai genovesi, la sua tomba si trova a pavimento davanti alla cappella dei Francesi nella chiesa dell’Annunziata del Vastato. Verrà sostituito prima dal Bissy e poi dal Duca di Richelieu, Maresciallo di Francia e pronipote del celebre cardinale.



Joseph Marie de Boufflers.


La tomba di Boufflers all’Annunziata.





Giungono notizie a Schulemburg che i gallo-ispani stanno preparando una grande offensiva sulle Alpi verso il Piemonte (darà luogo il 19 luglio alla battaglia dell’Assietta) e nel timore di restare imbottigliato a Genova decide di ritirare le sue truppe : “…l’ istessa mattina (2 luglio) una colonna di 4. in 5.000 Austriaci, e Croati, si vidde sfilare dalla Collina della Volpara seguitata da quantità di bestiami, e i Muli carichi di munizione, e bagagli , abbandonando il Campo,che aveano sopra Camaldoli, lasciando da 600 Granatieri alla diſesa di un ridotto (probabilmente si tratta della Ridotta del vento, dove sorge Forte Quezzi, n.d.r.).” Cessa così l’assedio della città ma i combattimenti continueranno nei dintorni fino all’anno successivo, quando verrà stipulata la pace di Aquisgrana. Ora con riferimento alla carta ed alla descrizione degli avvenimenti, esaminiamo quali tracce si sono conservate sul  terreno, tenendo conto che nella stessa zona si svolsero scontri anche durante l’assedio del 1800, quello del Massena per intenderci, e alcune fortificazioni campali furono riutilizzate in quella occasione. Le ridotte all’interno del Bosco dei Frati, sono oggi difficilmente individuabili, perché nella parte alta il bosco presenta troppe trasformazioni e nella parte bassa è talmente intricato che è impossibile accedervi. Il grande trinceramento più vicino alla Madonna del Monte coincide (forse anche in allora) con il muro che cinge il Bosco dei Frati e comprende l’antico cimitero di S.Fruttuoso. Il cimitero ospita tombe, a giudicare dalle date sulle lapidi, a partire dai primi dell’Ottocento, forse in coincidenza con il periodo napoleonico che vietò l’inumazione in città. La sua forma, una grande spianata rettangolare e la posizione, che fronteggia S.Tecla e Pianderlino, ma domina anche Marassi e la bassa Val Bisagno, suggerirebbe che qui  fosse appostata la Batteria della Madonna del Monte con i suoi 10 pezzi, sufficientemente distante dalla chiesa perché il tiro nemico di controbatteria non arrecasse danno al Santuario. 







Proseguendo in Via Pianderlino verso i Camaldoli, si incontra la ridotta genovese, sulla cui area fu costruita la batteria contraerea. Visitando questa posizione si nota spuntare a tratti tra la vegetazione, lato mare, la piattaforma perimetrale del terrapieno costituita da pietre a secco, e nella parte a monte un basso muretto della stessa tipologia. Ciò lascerebbe ipotizzare che in origine la ridotta a forma di stretta freccia fosse contornata, almeno in parte, da un basso muretto a secco e protetta da una palizzata. 


L’accesso all’area dell’ex ridotta da Via Pianderlino.






La posizione di Santa Tecla dalla ridotta.









Nelle due foto sopra, resti in pietra della piattaforma perimetrale del terrapieno.




Il muretto in pietre a secco, che forma la punta della forma a freccia della ridotta.


I Camaldoli dalla ridotta; un tempo con meno vegetazione si vedeva Pianderlino.






Una delle due piazzole della batteria contraerea della Milizia



La seconda piazzola





L’immagine da GoogleMaps mostra in alto a destra la posizone della ridotta descritta e le posizioni austriache (imperiali) a Pianderlino, dove secondo la carta dell’epoca era appostata una batteria austriaca con 2 piccoli cannoni e 2 mortai.
 
Proseguendo, prima di giungere a Pianderlino, si notano ancora tracce confuse, forse trincee, ma è difficile dirlo con certezza. Giunti al piazzale di Pianderlino, sulla sinistra scendendo per un breve tratto per Via Polverara, si raggiunge un punto dal quale si può scendere verso la valletta sottostante. La breve discesa porta al rigagnolo che scende in direzione di Quezzi. Alcune caratteristiche del terreno e resti di muri a secco farebbero supporre anche qui la presenza di trinceramenti. Sulle mappe dell’epoca la strada verso i Camaldoli non sembra avere l’andamento attuale, infatti saliva in quella direzione dal bivio attuale che porta a Forte Santa Tecla. Perciò la zona a monte di Pianderlino, non percorsa dall'attuale strada, si prestava ad ospitare le truppe austriache segnate sulla mappa, con disponibilità di acqua per cucinare e lavarsi.  A corroborare questa ipotesi sono alcuni indizi ancora oggi rilevabili sul terreno e indicati sulla cartina seguente.

 L’immagine da GoogleMaps indica la zona dove stazionavano le truppe austriache indicate sulle carte dell’epoca. La ridotta a sinistra in alto sarà descritta nel seguito.
Dal centro della grande curva a gomito parte un sentiero che scende verso Quezzi. Percorrendolo per una cinquantina di metri, si giunge ai resti di una porzione di muro, dove inizia la discesa verso la valletta di Quezzi. Da questo punto lasciato il sentiero scendendo a sinistra verso la valletta sottostante Via Polverara, si giunge ad una trincea a dente di sega forse un tempo protetta da una palizzata. Attorno a questa zona probabilmente stazionavano le truppe austriache indicate sulla cartina, favorite dai terrazzamenti  adatti ad ospitare un attendamento.




 Al centro la porzione di muro descritta, da qui si può scendere verso Quezzi o raggiungere Brusato. Il nome (brusato:bruciato?) potrebbe essere legato a queste vicende, infatti i Panduri (truppe reclutate nei Balcani e in Transilvania) erano soliti compiere tali atrocità: “ I villaggi arsi, le robe sperperate, gli abitanti manomessi, le donne violate non solo ma anche scorticate, con altri strazi che per pudore della razza umana è meglio tacere”(Storia Popolare di Genova – Mariano Bargellini – vol. 2° - pag.512 – Ed. Monni, Genova, 1870).




 La zona del bosco che probabilmente ospitava l’accampamento austriaco segnato sulle carte.


Tornando alla curva a gomito da cui siamo partiti, poco oltre inoltrandosi nel bosco si vedono chiaramente i resti di una trincea che costeggia la collinetta soprastante e un altra che sale verso il serbatoio dell’acquedotto Val Noci. Questa posizione ospitava una ridotta. I resti ancora visibili si trovano nel dosso soprastante il serbatoio, dove è evidente lo scavo di una trincea a dente di sega. Da questo punto si ha una vista panoramica sulle posizioni difese dai genovesi fino alla Madonna del Monte. Scendendo dal dosso in direzione dei Camaldoli, incontriamo una larga trincea, forse in origine costruita dai genovesi per tagliare e difendere il percorso che porta a Pianderlino (infatti proseguiva anche oltre l’attuale strada asfaltata).




 Sull’immagine da GoogleMaps ho segnato l’andamento dei triceramenti, le cui tracce sono visibili ancora oggi.


Interessanti, sotto il dosso che ospita la trincea, due corte gallerie affiancate. Troppe corte per essere usate come stazzi per gli ovini, poteva trattarsi di ricoveri per gli uomini della ridotta e/o depositi per i materiali; in caso di pericolo potevano essere minate per far saltare in aria la posizione. Una raccomandazione: in zona sono presenti dei cinghiali, perciò se vorrete visitarla inoltrandovi nel bosco fate in modo che avvertano la vostra presenza, così da non coglierli di sorpresa e consentirgli di allontanarsi. Consentitemi una considerazione finale, forse le tracce sono labili ma tornare sui luoghi dove si combatté una dura guerra e pensare che solo circa nove generazioni fa anche i nostri nonni dei nonni … dei nonni ne furono testimoni e forse partecipi, mi emoziona sempre. 

Fulvio Majocco