Pubblichiamo una nuova (per noi) ricerca di Fulvio Majocco.
QUANDO LA LINEA DEL FRONTE PASSAVA PER PIANDERLINO
Durante la guerra di
successione austriaca, Genova, alleata di Francia e Spagna, contro l’Austria
(uso la terminologia comune, sebbene sia più corretto dire l’Impero),
l’Inghilterra e il Regno di Sardegna, dovette fronteggiare due assedi. Il primo
nel 1746, risolto nel dicembre dello stesso anno dalla rivolta popolare del
Balilla e la conseguente cacciata degli austriaci al comando di
Antoniotto Botta Adorno, il secondo nel 1747 (dall’aprile al luglio) terminato
con il ritiro degli assedianti al comando del generale Ferdinand Ludwig von
Schulemburg Oeynahusen. Nel corso del 1747 le operazioni militari si svolsero
attorno alla cinta muraria seicentesca in zone oggi inurbate da tempo, luoghi
dove è quasi impossibile trovare tracce sul terreno o testimonianze degli
avvenimenti narrati dai cronisti dell’epoca e dagli storici. Fanno eccezione
alcune località, come la zona Madonna del Monte - Camaldoli, rimaste abbastanza
integre nonostante siano passati oltre due secoli e mezzo. A guidarci sulle
tracce di quei lontani accadimenti sarà il “Compendio delle Storie di Genova”
di Francesco Maria Accinelli, nato a Genova nel borgo
di Prè il 23 aprile del 1700, avviato agli studi letterari e teologici,
ordinato sacerdote nel 1732. Ho scelto la sua opera, tra quelle
riportate in bibliografia, perché l’autore fu testimone diretto e prese parte alla rivolta di Genova del 1746 e alla difesa
della città nell’assedio del 1747, come usava allora anche per i
sacerdoti e i religiosi.
Bibliografia
sull'argomento consultabile in Internet-Google Books
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L’intento di questa ricerca è
di avvalersi della cronaca dell’epoca per ricercare sulle mappe dell’assedio
evidenze delle fortificazioni campali (trinceramenti e ridotte) realizzate
nella zona di Pianderlino e individuarne le tracce odierne sul terreno. Un
compito non facile a distanza di tanto tempo, e sebbene abbia cercato di
documentare la mia ricerca con riferimenti il più possibile precisi, in taluni
casi formulo delle ipotesi ragionevolmente suffragate dai pochi elementi a
disposizione. La località, che offre splendidi panorami e una natura
ancora rigogliosa, è facilmente raggiungibile in autobus (linea 67: P.za
Martinez - Camaldoli), e nel 1747 fu teatro con le zone limitrofe di
cruenti combattimenti per proteggere la posizione della Madonna del Monte,
cruciale per la difesa della città.
Panorama verso i Camaldoli,
poco sopra Forte Richelieu.
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Vista verso la Madonna del
Monte, che spunta sulla sinistra quasi al centro del Bosco dei Frati.
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Vista verso i quartieri di
S.Fruttuoso, S.Martino e Albaro.
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Panorama verso Quezzi e la
val Bisagno, sullo sfondo i Forti che nel 1747 non esistevano ancora.
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Iniziamo
a seguire la cronaca dell’assedio narrata dall’Accinelli. 19 aprile 1747 (pag.
204) : “Spedì il Scullemburgh per
chiedere da Vienna nuovi rinforzi, così a Milano, ed a Turino. La truppa
Genovese si ritirò da Bolzaneto, e passò alla Tenaglia sopra Belvedere
trincierandovisi ſino al Mare. Il Quartier Generale della Polcevera, ch’era
a alla Certosa di Rivarolo ſu trasportato a detto Belvedere, ſu ordinato
il taglio del Bosco di Nostra Signora del Monte
e de Camaldoli per fare delle palizzate”.
20 aprile (pag. 205) : “Attaccarono assai
vivamente li Austriaci i Paesani accantonati a Bavari, al Monte de’ Ratti, ed a
Camaldoli , ma accorsavi quantità di Cittadini furono alla sera rispinti,
gl’inseguirono fino a Pino”. Dopo questi primi tentativi, Schulemburg
dall’aprile ai primi di giugno stringe sempre più la morsa attorno a Genova, e
giunte a rinforzo le truppe piemontesi si prepara a sferrare l’attacco finale
per arrivare a Sturla, consentire alle navi inglesi di sbarcare le artiglierie
d’assedio e conquistare la città. 12 giugno, grande attacco in Val Bisagno
(pag.222-223): “Fra questi incidenti
riuscì agli Austriaci occupare le alture tutte da quella parte fino alla
Fiumara di Sturla. Innoltrandosi all' Eremo de’ Camaldoli, ed alla Montagna di
Qu'ezzi ; uno staccamento del Colonello Vigo, e la Compagnia de’Cadetti Urbani
sotto la direzione del Cavalier` Balbi li rispinsero dalle ridotte occupate
sopra de’ Paesani, se ne fecero padroni fecero prodezze di meraviglia in mezzo
al fuoco de’ nemici, secondarono i Corsi (truppe regolari reclutate in Corsica,
isola allora genovese, n.d.r.) il loro coraggio con pari animosità, ma
crescendo a dismisura de’ nemici il numero, solo si mantennero nella prima
trinciera, e la seconda investirono 60 Paesani, e quantità di Preti staccatisi
dalla Porta di Montaldo vi accorsero per agevolare l’ impresa , passarono alla terza, mancò loro dal Continuo fuoco la
munizione, la distanza dalla Città non le
permetteva si facile il procurarsela ,il Quartier Generale, ch' era a Nostra
Signora del Monte gliene dilatò la provista , quando visto grosso staccamento
del Reggimento Pallavícino fiancheggiato da’ Croati, e Panduri scendere
da’Camaldoli per tagliarle la strada , tutti unitamente per non esser colti
all'intorno, ripassarono al piano del Torrente di Quezzi trincerandosi nel
Palazzo Cattaneo a Marassi, vi si fortificarono, vi si mantennero, 2 morti e 15 feriti vi furono de’ Genovesi,
gran numero de’ nemici oltre quantità di feriti, restò sul Campo, nel mentre che rampicatasi su quelle
eminenze scoscese. Se bene da lunga, e penosa marcia affaticate le Truppe degli
Aggressori nemici, assaltarono l’importante posto della Madonna del Monte. Il
Marchese di Roquepine vì avea fatti diversi trincieramenti , ma il Marchese di
Leyde, che vi si trovava al comando giudicandoli incapaci di difesa, volea
abbandonarli , il Maresciallo Sikel (Sickel, è il Sicre o de Sicre, l’architetto militare che tanta parte
ebbe nel successivo progetto dei forti settecenteschi genovesi, n.d.r.), che
comandava la truppa della Repubblica espose in un punto al Duca di Beufflers la
necessità vi era di mantenere quel posto, da cui dipendeva la salvezza
della_Città, retrocedè, e si ripigliò la difesa , v’accorsero Paesani ,
Cittadini, e Borghesi, continuò con vigore de’ nemici l’ assalto, ma con più
d’ardire li respinsero i ‘difensori, 1800 tra morti, e feriti, vi lasciarono i
primi, e fra quelli il Marchese Clerici, e 4 colonnelli, 140 uccisi, e da 50
tra feriti, e prigionieri i secondi” Dal racconto dell’Accinelli,
drammatico e vivo come una diretta giornalistica, sappiamo che per far
palizzate erano stati tagliati il bosco dei Camaldoli e quello dei Frati del
Monte, apprendiamo inoltre che in prossimità della Madonna del Monte vi erano “diversi trincieramenti”, ora per
verificare quali e quanti erano, vedremo se essi sono riportati sulle mappe
dell’epoca. Iniziamo a esaminare questo settore sulla “Planimetria delle
fortificazioni campali a Genova e circondario durante l’assedio del 1747” (Museo
Archivio Comune di Genova, inv. N.1684) sotto riportata , opera di una
minuziosità e precisione esemplare disegnata da un cartografo anonimo al
servizio imperiale, che in una visione a volo d’uccello ci mostra la situazione
delle forze in campo dopo la metà di giugno 1747.
Nella zona che ci interessa
sono evidenziati, da sinistra a destra, la Madonna del Monte, le ridotte
indicate dal n.27 (leggenda: Redouettes garderes par les ennemis – Ridotte
guardate dai nemici) delle quali quattro all’interno del perimetro del bosco,
un grande trinceramento, che da Via Pianderlino scende fino a Via Gaulli
in corrispondenza del muro che circonda il bosco e uno più piccolo in direzione
di Pianderlino, ambedue indicati dal n.24 (leggenda: Retranchemans des ennemis
– trinceramenti dei nemici). I nemici della leggenda a piè di carta sono
ovviamente i genovesi.
L’altra carta utile alla nostra
ricerca è la “Carte Geometrique de la Ville des Environs de Gene, ou on voit
l’expedition des Imperiaux et Piemontois contre le Genois et leurs alliez, ...
dans l’année 1747” (Harvard College Library), anch’essa si riferisce alle posizioni
occupate dopo l’attacco della metà di giugno e mostra lo stesso grande
trinceramento già individuato, ma riporta anche altre interessanti notizie che
vedremo in seguito.
L’attacco del 13 giugno
costringe i genovesi ed i loro alleati a cedere terreno fin quasi alla piccola
ridotta genovese di Via Pianderlino, punto scelto nel corso del secondo
conflitto mondiale per allestirvi una batteria contraerea della Milizia. Gli
austriaci del Reggimento Pallavicino preceduti da avanguardie di Panduri e
Croati, soldataglia feroce che non esitava a saccheggiare e bruciare ciò che
incontrava, scendono dai Camaldoli in direzione della Madonna della
Monte. Dopo uno sbandamento iniziale che costringe i genovesi a ritirarsi
a Marassi nella zona dell’attuale Corso De Stefanis, le milizie tornano a
difendere la posizione della Madonna del Monte.
Un’altra
carta dell’epoca mostra il particolare interessante della linea di resistenza
dei genovesi che andava dalla Madonna del Monte allo Zerbino (dov’era appostata
una batteria d’artiglieria, come a S.Bartolomeo) e le
truppe austriache nella valle fino a Sturla, ad Albaro e a S.Martino, dove
avevano posto il quartier generale in Salita della Noce.
Giunge così il 15 giugno,
giorno in cui si teme che tutto sia perduto o quasi (Pag.224): “Inchiodati a’ 15, e gettati in mare i pezzi
della Batteria di S. Nazaro per tema non cadessero in mano de’ nemici si
viddero in poco di tempo eseguite le mire del Co. di Scullemburgh, che dalla
Torrazza (dove aveva il suo Quartier Generale) per vie alpestre, e senza
riparo, ebbe la sua Truppa inoltrata fino alla Marina di Sturla, occupando il
Campo Austriaco dalla Volpara la Valle del Vento, Quezzi e l’Eremo de’
Camaldoli ed il Bosco. Fu si vivo il fuoco, che contro di esso si faceva
coll’artiglieria, e Mortari a Bombe dalle Batterie del Zerbino, e di S.
Bartolomeo, che ſu ridotto a decampare, e ritirarsi all’altura, si continuò per
più giorni incessante, se ne udiva non che per la gran Valle del Bisagno, per
longo tratto di Mare il rimbombo” Le truppe austriache occupano in
permanenza Pianderlino, e infatti su ambedue le carte citate sono indicate con
tre rettangoli i reparti austriaci stazionanti o accampati nella zona, al
comando del Generale Mariny come indicato nella leggenda di una di esse. La
forza di questi reparti potrebbe essere quella di tre battaglioni, perciò
qualche migliaio di uomini, forse appartenenti proprio al citato Reggimento
Pallavicino.
Ambedue le carte segnalano
sull’altura dove oggi sorge il Forte di S.Tecla, la presenza di una cappella
fortificata e una serie di batterie di cannoni austriaci delle quali la
leggenda della carta sopra riportata specifica in francese tipo e utilizzo:
n.20 - Una delle sei batterie che devono battere la Madonna del Monte con 7
cannoni a palla da 24 libbre, n.21 - batteria di 2 pezzi, n.23 – batteria di 3
pezzi, n.24 – batteria di 4 pezzi; tutti i pezzi dello stesso calibro della
n.20. La batteria n.25 a Pianderlino armata con 4 piccoli cannoni e 2 mortai.
Viene anche indicato al n.17 il campo del Generale Mariny, sempre a
Pianderlino.
Trasposizione delle mappe
citate su GoogleMaps. Per farlo ho preso come riferimenti la Madonna del Monte
e i Camaldoli, ho ridotto tutto alla stessa scala e stampato su carta trasparente,
riportato il tutto sull’immagine fotografica per sovrapposizione.
Conquistata la spiaggia di
Sturla gli inglesi iniziano a sbarcare le artiglierie, ma i genovesi ed i loro
alleati resistono, e addirittura rinforzano le artiglierie della Madonna del
Monte. 25 giugno (Pag.227): “Continuossi
incessante il fuoco dal posto della Madonna del Monte, e vigorose scaramuccie
contro nemici in Albaro nel qual giorno veduti del Puntone (un pontone genovese
armato con cannoni) gli eſfetti, slargaronsi le Navi, ed il Generale
Scullemburgh s’imbarcò per Savona. Li Picchetti de’GalloLiguri presero le
alture' del Monte di Fascie, la Batteria della Madonna del Monte fu accresciuta
ſino a 10 pezzi.” A luglio gli avvenimenti prendono una brutta piega per
gli austro-inglesi che non riescono a piegare la resistenza della città
nonostante l’assedio di terra ed il blocco navale inglese dell’ammiraglio
Medley (Pag.229): “Nel mentre, che a
primo Luglio il Cannone di Nostra Signora del Monte distrugge le opere andavano
facendo i nemici all’ Eremo antico dí_S.Tecla, e lì bersagliava nel Palazzo di
Gio. Agostino Pinello presso S.Martino, uno staccamento di 30 Granatieri
francesi li scacciò da una Casa vicina, e l’agitazione del Mare non permesse
agl’Inglesi di sbarcare l’artiglieria.” Il 2 luglio 1747, dopo otto
giorni di malattia muore a 42 anni il Duca di Boufflers, comandante militare
della Piazza e amatissimo dai genovesi, la sua tomba si trova a pavimento
davanti alla cappella dei Francesi nella chiesa dell’Annunziata del Vastato.
Verrà sostituito prima dal Bissy e poi dal Duca di Richelieu, Maresciallo di
Francia e pronipote del celebre cardinale.
Joseph Marie de Boufflers.
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La tomba di Boufflers
all’Annunziata.
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Giungono notizie a Schulemburg
che i gallo-ispani stanno preparando una grande offensiva sulle Alpi verso il
Piemonte (darà luogo il 19 luglio alla battaglia dell’Assietta) e nel timore di
restare imbottigliato a Genova decide di ritirare le sue truppe : “…l’
istessa mattina (2 luglio) una colonna di 4. in 5.000 Austriaci, e Croati, si
vidde sfilare dalla Collina della Volpara seguitata da quantità di bestiami, e
i Muli carichi di munizione, e bagagli , abbandonando il Campo,che aveano sopra
Camaldoli, lasciando da 600 Granatieri alla diſesa di un ridotto (probabilmente
si tratta della Ridotta del vento, dove sorge Forte Quezzi, n.d.r.).” Cessa
così l’assedio della città ma i combattimenti continueranno nei dintorni fino
all’anno successivo, quando verrà stipulata la pace di Aquisgrana. Ora con
riferimento alla carta ed alla descrizione degli avvenimenti, esaminiamo quali
tracce si sono conservate sul terreno, tenendo conto che nella stessa
zona si svolsero scontri anche durante l’assedio del 1800, quello del Massena
per intenderci, e alcune fortificazioni campali furono riutilizzate in quella
occasione. Le ridotte all’interno del Bosco dei Frati, sono oggi difficilmente
individuabili, perché nella parte alta il bosco presenta troppe trasformazioni
e nella parte bassa è talmente intricato che è impossibile accedervi. Il grande
trinceramento più vicino alla Madonna del Monte coincide (forse anche in
allora) con il muro che cinge il Bosco dei Frati e comprende l’antico cimitero
di S.Fruttuoso. Il cimitero ospita tombe, a giudicare dalle date sulle lapidi,
a partire dai primi dell’Ottocento, forse in coincidenza con il periodo
napoleonico che vietò l’inumazione in città. La sua forma, una grande spianata
rettangolare e la posizione, che fronteggia S.Tecla e Pianderlino, ma domina
anche Marassi e la bassa Val Bisagno, suggerirebbe che qui fosse appostata la Batteria della Madonna del
Monte con i suoi 10 pezzi, sufficientemente distante dalla chiesa perché il
tiro nemico di controbatteria non arrecasse danno al Santuario.
Proseguendo in Via Pianderlino
verso i Camaldoli, si incontra la ridotta genovese, sulla cui area fu costruita
la batteria contraerea. Visitando questa posizione si nota spuntare a tratti
tra la vegetazione, lato mare, la piattaforma perimetrale del terrapieno
costituita da pietre a secco, e nella parte a monte un basso muretto della
stessa tipologia. Ciò lascerebbe ipotizzare che in origine la ridotta a forma
di stretta freccia fosse contornata, almeno in parte, da un basso muretto a
secco e protetta da una palizzata.
La posizione di Santa Tecla
dalla ridotta.
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Nelle due foto sopra, resti
in pietra della piattaforma perimetrale del terrapieno.
Il muretto in pietre a
secco, che forma la punta della forma a freccia della ridotta.
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I Camaldoli dalla ridotta;
un tempo con meno vegetazione si vedeva Pianderlino.
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Una delle due piazzole della
batteria contraerea della Milizia
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La seconda piazzola
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L’immagine da GoogleMaps
mostra in alto a destra la posizone della ridotta descritta e le posizioni
austriache (imperiali) a Pianderlino, dove secondo la carta dell’epoca era
appostata una batteria austriaca con 2 piccoli cannoni e 2 mortai.
Proseguendo, prima di giungere
a Pianderlino, si notano ancora tracce confuse, forse trincee, ma è difficile
dirlo con certezza. Giunti al piazzale di Pianderlino, sulla sinistra scendendo
per un breve tratto per Via Polverara, si raggiunge un punto dal quale si può
scendere verso la valletta sottostante. La breve discesa porta al rigagnolo che
scende in direzione di Quezzi. Alcune caratteristiche del terreno e resti di
muri a secco farebbero supporre anche qui la presenza di trinceramenti. Sulle
mappe dell’epoca la strada verso i Camaldoli non sembra avere l’andamento
attuale, infatti saliva in quella direzione dal bivio attuale che porta a Forte
Santa Tecla. Perciò la zona a monte di Pianderlino, non percorsa dall'attuale
strada, si prestava ad ospitare le truppe austriache segnate sulla mappa, con
disponibilità di acqua per cucinare e lavarsi. A corroborare questa ipotesi
sono alcuni indizi ancora oggi rilevabili sul terreno e indicati sulla cartina
seguente.
L’immagine da GoogleMaps
indica la zona dove stazionavano le truppe austriache indicate sulle carte
dell’epoca. La ridotta a sinistra in alto sarà descritta nel seguito.
Dal centro della grande curva a
gomito parte un sentiero che scende verso Quezzi. Percorrendolo per una
cinquantina di metri, si giunge ai resti di una porzione di muro, dove inizia
la discesa verso la valletta di Quezzi. Da questo punto lasciato il sentiero
scendendo a sinistra verso la valletta sottostante Via Polverara, si giunge ad
una trincea a dente di sega forse un tempo protetta da una palizzata. Attorno a
questa zona probabilmente stazionavano le truppe austriache indicate sulla
cartina, favorite dai terrazzamenti adatti ad ospitare un attendamento.
Al centro la porzione di
muro descritta, da qui si può scendere verso Quezzi o raggiungere Brusato. Il
nome (brusato:bruciato?) potrebbe essere legato a queste vicende, infatti i Panduri
(truppe reclutate nei Balcani e in Transilvania) erano soliti compiere tali
atrocità: “ I villaggi arsi, le robe sperperate, gli abitanti manomessi, le
donne violate non solo ma anche scorticate, con altri strazi che per pudore
della razza umana è meglio tacere”(Storia Popolare di Genova – Mariano
Bargellini – vol. 2° - pag.512 – Ed. Monni, Genova, 1870).
La zona del bosco che
probabilmente ospitava l’accampamento austriaco segnato sulle carte.
Tornando alla curva a gomito da
cui siamo partiti, poco oltre inoltrandosi nel bosco si vedono chiaramente i
resti di una trincea che costeggia la collinetta soprastante e un altra che
sale verso il serbatoio dell’acquedotto Val Noci. Questa posizione ospitava una
ridotta. I resti ancora visibili si trovano nel dosso soprastante il serbatoio,
dove è evidente lo scavo di una trincea a dente di sega. Da questo punto si ha
una vista panoramica sulle posizioni difese dai genovesi fino alla Madonna del
Monte. Scendendo dal dosso in direzione dei Camaldoli, incontriamo una larga
trincea, forse in origine costruita dai genovesi per tagliare e difendere il
percorso che porta a Pianderlino (infatti proseguiva anche oltre l’attuale
strada asfaltata).
Sull’immagine da GoogleMaps
ho segnato l’andamento dei triceramenti, le cui tracce sono visibili ancora
oggi.
Interessanti, sotto il dosso che
ospita la trincea, due corte gallerie affiancate. Troppe corte per essere usate
come stazzi per gli ovini, poteva trattarsi di ricoveri per gli uomini della
ridotta e/o depositi per i materiali; in caso di pericolo potevano essere
minate per far saltare in aria la posizione. Una raccomandazione: in zona sono
presenti dei cinghiali, perciò se vorrete visitarla inoltrandovi nel bosco fate
in modo che avvertano la vostra presenza, così da non coglierli di sorpresa e
consentirgli di allontanarsi. Consentitemi una considerazione finale, forse le
tracce sono labili ma tornare sui luoghi dove si combatté una dura guerra e
pensare che solo circa nove generazioni fa anche i nostri nonni dei nonni … dei
nonni ne furono testimoni e forse partecipi, mi emoziona sempre.
Fulvio Majocco
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