venerdì 27 ottobre 2017

P.D.Cambiaso - San Bartolomeo degli Armeni






Se ci impostassimo un indovinello, solo un esperto del Cambiaso saprebbe dire che nelle due immagini che vedremo qui è rappresentata la chiesa ed il convento di S.Bartolomeo degli Armeni verso il 1850, prima della costruzione della Circonvallazione a Monte.
Siamo abituati a vedere tutt'altro edificio , specie se è visto da sud (lato mare) come in questo caso.

Aspetti di Genova nelle Vedute di P.D.Cambiaso di P.D.Patrone & G.L.Blengino.

Qui Cambiaso ci presenta la piazza di S. Bartolomeo degli Armeni vista da Nord ma sinceramente non sapremmo dire se la chiesa sia l'edificio a sinistra o quello a destra.

Aspetti di Genova nelle Vedute di P.D.Cambiaso di P.D.Patrone & G.L.Blengino.
 

Subito una immagine panoramica "scioccante" di come vediamo la chiesa oggi e poi proseguiamo con calma il nostro discorso.





Dicevamo, chiesa fondata nel 1308 da monaci basiliani di rito armeno.  Nel 1350 passa al rito cattolico rimanendo chiesa monastica, senza funzioni parrocchiali.

Nel 1388 il Doge Leonardo Montaldo lascia in eredità ai monaci la reliquia del "Santo Sudario",  ovvero il "Santo Volto di Edessa" o "Mandylion" che i genovesi chiamano più confidenzialmente "Santo Mandillo".  La reliquia, è tutt'ora custodita nella chiesa.




La chiesa all'epoca della costruzione, si trovava fuori dalle mura, in zona collinare periferica, come dimostrano le due immagini del Cambiaso che aprono il post.  Con la costruzione ottocentesca della Circonvallazione a Monte si è "venuta a trovare" in Corso Armellini, ed è stata oggetto di una discutibile operazione edilizia che l'ha soffocata fra costruzioni "moderne".

Da Medioevo Restaurato - Rita Cavalli

 Ovvero, varchi quel portone "borghese", e pensi di entrare in casa di qualcuno...

Da Medioevo Restaurato - Rita Cavalli
 E ti ritrovi nella "casa del Signore"



Il compenso, nel corso dei secoli e delle successive ristrutturazioni la pianta base dell'edificio non è molto cambiata.



La chiesa ed il piccolo monastero erano andati avanti per secoli con piccoli e grandi lavori di restauro, migliorie e tappulli, che qui non stiamo ad elencare (sorvoleremo anche sul furto della preziosa reliquia e la sua restituzione).
Ma l'espansione edilizia dell'ottocento aveva portato nuove esigenze e nel 1904 la "nostra chiesa" viene "arruolata" come "coadiutoria e succursale" della (nuova) chiesa dell'Immacolata di via Assarotti,  e ci si accorge che sta andando in pezzi: si fanno progetti e... tappulli.
Abbiamo scoperto che a Genova siamo sempre stati bravissimi a fare grandi progetti (non realizzati) e tappulli per sostituire i medesimi grandi progetti non realizzati. 







 Nel 1926, il crollo parziale di un muro sul coro ligneo dà l'avvio a restauri un tantino più seri, che si concludono nel 1929. 

Ulteriori restauri di questi anni ci hanno "restituito" due importanti tele  di Luca Cambiaso presenti nella chiesa. (foto di Roberto Crisci).





Egualmente pregevole è la pala d'altare dipinta da Turino Vanni da Pisa posta sull'Altar Maggiore.

Foto dal post di Franco Risso


Siccome non ci vergogniamo di copiare, riportiamo qui di seguito il testo tratto dalla didascalia a lato dell'altar maggiore di S. Bartolomeo degli Armeni, a sua volta riportata da Franco Risso in un suo post su FB.  (copiare da chi copia è vera goduria.)
Descrizione trittico di S. Bartolomeo posto sull'altare maggiore della chiesa omonima in Corso Armellini e ricordo del pittore Turino Vanni
Turino Vanni nacque a Pisa ed è ben documento a Genova fra l' ultimo decennio del secolo XIV e il 1439 dove nel 1415 compare nell'elenco dell'arte dei pittori.
Ben poco resta tuttavia del suo soggiorno genovese, mentre nel territorio Pisano restano molte testimonianze della sua produzione artistica.
Il trittico per la Chiesa di S. Bartolomeo è composto da pannelli dipinti e assemblati entro intelaiatura lignea, scolpita e concepita secondo canoni estetici di gusto gotico ci è pervenuto pressoché integro, fatta eccezione per la doratura, riproposta ex novo sulla base di quella antica, durante l'intervento di restauro del 1927/28
Il dipinto fu destinato dall'origine alla chiesa genovese di S. Bartolomeo degli Armeni, forse grazie a interessamento di committenza pisana, suggerita dalla singolare presenza delle insegne genovese e pisana, nella predella sorretta da due Arcangeli.
L'opera costituisce rara e preziosa testimonianza dell'attività genovese dell'artista pisano, ancora immerso nella cultura figurativa proveniente da Lorenzetti, che il Vanni rielabora in chiave decorativa.
Non sfugge infatti il risalto riservato ai molti dettagli descrittivi, fra i quali le gemme incastonate nel pannello centrale, alle sfolgoranti vesti degli Angeli e dei Santi, agli oggetti raffinati che i raffigurati esibiscono quale corredo esclusivo; gli strumenti musicali e le cornucopie fiorite degli Angeli, che attorniano la Madonna col Bimbo e i tradizionali attribuiti che identificano gli episodi salienti della vita dei Santi o gli strumenti con i quali essi sono stati martirizzati.
Questi elementi rispecchiano quanto trasmesso dalla tradizione agiografica, tratta in particolare dal testo della "Legenda Aurea" scritta negli anni 60 del XIII secolo da Jacopo da Varagine, frate domenicano e vescovo di Genova.
Fra i Santi raffigurati si notano, Apollonia martire, che regge in mano le tenaglie, con le quali le hanno cavato i denti; Agata che regge un vassoio sul quale appaiono i seni recisi durante il martirio; Lucia con vicino un braciere ardente e la spada che le squarciò la gola; ai piedi di Margherita di Antiochia il demone in forma di drago ormai addomesticato ai suoi piedi; Nicola che regge tre sfere d'oro simbolo dei miracoli da lui operati e il titolare della Chiesa S. Bartolomeo che mostra il coltello con il quale venne scuoiato.

Tratto dalla didascalia a lato altar maggiore di S. Bartolomeo degli Armeni






































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