sabato 30 dicembre 2017

Telfer








La "telfer" era una monorotaia costruita appositamente per la Esposizione Internazionale di Marina-Igiene-Colonie-Mostra Italo-Americana del 1914.  Per l'epoca una vera novità, simbolo del progresso della tecnica di una nazione "recente" che rivendicava il suo posto nel "mondo che contava".

Ne abbiamo già parlato di sfuggita in vari post (  http://ceraunavoltagenova.blogspot.it/2013/05/expo-1914-marina-igiene-e-colonie-nella_7.html  -  http://ceraunavoltagenova.blogspot.it/2013/06/circonvallazione-mare-quando-cerano-i.html ).
Ma non le abbiamo mai dato un post tutto suo, ed ora intendiamo colmare la lacuna.

L'idea di fare la Telfer era venuta in quanto, per l'occasione, sarebbero arrivate in porto numerose navi da guerra straniere che trasportavano le delegazioni ufficiali delle nazioni invitate all'evento (era più agevole viaggiare per mare...  ma, sopratutto, arrivare con il "meglio" della propria marina militare faceva "molta scena" ).
Persino la Famiglia Reale italiana arrivò via mare, preceduta e scortata dalle più moderne unità militari disponibili.
Tutte navi che rimanevano ormeggiate alla diga foranea e mandavano la loro gente a terra, appunto al Molo Giano,  per mezzo delle proprie scialuppe o di imbarcazioni predisposte dagli organizzatori della fiera.    Quindi  un "trenino" che facesse la spola tra l'imbarcadero e la Fiera era un vero "tocco di classe"  (faceva "tanto sciato").
Inoltre, nessuno dei "normali" visitatori della fiera si sarebbe perso  un giro andata e ritorno sul "trenino panoramico"  per andare al Molo Giano  a vedere da vicino la gran flotta e prendersi un caffè al nuovo caffè-ristorante costruito per l'occasione sul Molo Giano, proprio accanto al terminale della Telfer. Questo edificio ospitava anche il padiglione fieristico del Consorzio Autonomo del Porto che aveva finanziato la sua costruzione e quella della Telfer.
Dalla stazione della Telfer al Molo Giano, per tutta la durata della fiera, partivano anche i battelli per fare il giro turistico del porto.
 Qui la mappa con il precorso del trenino.




La Telfer costituita da un convoglio di vagoncini a trazione elettrica che faceva avanti e indietro dal Molo Giano alla fiera alla velocità di 20 KM orari.
Il convoglio viaggiava su una monorotaia montata su piloni e campate in parte fatte di cemento armato, in parte costituite da travature metalliche  ed in parte da travature di legno. Era stata costruita e collaudata in soli dieci mesi di intenso lavoro. 

costruzione monorotaia lungo Bisagno in Piazza di Francia




Stazione della Telfer all'expo sotto le Mura delle Cappuccine (Piazza di Francia)



Dettaglio della stazione di Piazza di Francia



In corso Aurelio Saffi (stampa omaggio del Secolo XIX)

Sotto il curvone di di corso A. Saffi - Foto AMT - Alessandro Lombardo



Bagni Strega

Telfer sopra i Bagni della Cava - Il tunnel sotto la Batteria Stella


Ultima curva prima del Molo Giano

Molo Giano Levante

Ed ecco la stazione Telfer di Molo Giano con il padiglione del C.A.P. , il ristorante, ed una imbarcazione in banchina in attesa dei passeggeri per la gita nel porto.



La monorotaia era stata costruita in fretta, per non durare molto.
Aveva "i piedi" esposti alle mareggiate, alla corrosione del salino. I costi di manutenzione erano proibitivi.
Aveva fatto la sua "bella figura", ma "finita la festa" non trovava un "impiego remunerativo"
Passeggeri che andassero al molo Giano (zona di cantieri e bacini) ce n'erano pochi. Non arrivava alla stazione Brignole, e per salirci bisognava fare le scale.  Morale: la gente prendeva il tram che ti portava da Brignole a Caricamento e la Telfer viaggiava vuota a costi altissimi.
Avevano provato anche a trasportarci il carbone. Ma alla stazione del molo Giano il carbone bisognava portarcelo a mano e scaricarlo a mano in piazza di Francia... per portalo dove? Alla Foce non c'erano più industrie né cantieri navali.
Arrivata la guerra, pensarono bene di smontare tutto ciò che poteva servire all'industria bellica e lasciare il resto alla furia del mare.


Quando non altrimenti indicato, le foto si intendono tratte dal libro :








giovedì 28 dicembre 2017

Genova e la "Rumenta"






Ho preso in mano un libro dal titolo strano...
Che poi strano non è, se ci pensi bene, parla di "rumenta" la cosa più comune che ci sia. Ne produciamo ogni giorno un sacchetto, piccolo o grande che sia... la maneggiamo dividendola nei modi più strani :  latta insieme alla plastica a Genova, latta insieme al vetro a Fontanigorda, umido separato, umido insieme al generalizzato, a seconda del quartiere in cui vivi... e domani? chissà?

Ah, il libro... già, il libro,  è titolato "La storia della rumenta" scritto da Aldo Padovano e stampato dalla SAGEP.
Un libro dedicato alla rumenta... ne valeva la pena?  Direi di si, la rumenta è una cosa importante, anzi, dico meglio, la "assenza della rumenta" è essenziale, per un vivere civile...   pensate che "casino" se non la raccogliessero più.

Della rumenta si liberavano in qualche modo persino gli antichi e gli archeologi moderni benedicono i depositi di rumenta degli "antichi"  che oggi "restituiscono" testimonianze preziose.

Chissà cosa troveranno i "posteri", fra migliaia di anni, scavando a Scarpino o nella valletta del Rio Cicala?  Che idea si faranno della nostra "civiltà dei consumi"? Ma sto divagando fuori tema, che è la Storia della Rumenta a Genova.  Un tema che sinceramente conosco poco, solo quello che credo di aver capito dal libro sopra citato e che cercherò di condensare in poche righe sperando di sbagliare il meno possibile. ( e, citando un grand'uomo, "se mi sbaglierò mi corrigerete"  )

Nel passato alla rumenta non si dava molta importanza. Se ne produceva molto poca, quella ingombrante si buttava nei "mucchi" del Guastato e dell'Acquasola, fuori dalle mura della città ; gli scarti della cucina direttamente in strada dove maiali, galline (e poveri diavoli) se la disputavano facendola subito sparire.  Immagino che ognuno facesse "pulizia" davanti a casa propria mentre alle "pulizie generali" ci pensasse la pioggia, portando tutto in mare...   . Perfino le deiezioni che i numerosi animali circolanti lasciavano sulle pubbliche vie erano oggetto di raccolta da parte di privati che le trasformavano in prezioso concime (quando non in altrettanto prezioso, se pur povero, combustibile). 

Le prime immagini che abbiamo circa la raccolta organizzata della rumenta a Genova sono foto della fine del 1800. Prima, evidentemente questa attività non pareva degna di essere documentata ed immortalata da dipinti e disegni e nemmeno dalle prime, costose, fotografie.

Apriamo con il "meglio della tecnica" di allora, la spazzatrice meccanica a trazione animale



Ed il "Pozzo Augias", consistente in un contenitore interrato dove si scaricava la rumenta da diverse fonti e che veniva svuotato da un apposito camioncino munito di gru. (invece degli antiestetici  bidoni attuali)





Abbiamo visto un netturbino che vuota nel pozzetto il suo sacco di rumenta faticosamente raccolta salendo e scendendo le scale degli edifici. Infatti per anni e stata in uso la raccolta indifferenziata porta a porta.






Non tutto era così "tecnologico, c'erano anche i mezzi "tradizionali"

Porta Pila
via del Molo

Pulizia dopo il mercato ortofrutticolo in Piazza De Ferrari
Foto di Carlo Carletto Scaparone su FB - consegna diretta a camion aperto dietro avviso con cornetta.

 
Ed ecco il "parco macchine" della NU (Nettezza Urbana) a Marassi (attuale Corso De Stefanis)
nel 1920 ca.
La NU venne "trasformata" in AMIU nel 1985 ca.




Negli anni 20, alla Volpara, si fecero notevoli progressi nel trattamento della rumenta raccolta separando metallo e carta  dall'umido che veniva triturato e spedito via FS per essere utilizzato come concime.




Esperimenti che non trovarono seguito nel dopoguerra quando si optò per le discariche e l'inceneritore.

Deposito spazzatura nella valletta del rio Cicala in funzione fino al 1968.
L'impianto trasferiva la spazzatura nella valletta per mezzo di vagoncini ed una teleferica.

foto di Piergiorgio Gagna








 Poi arrivò il "gigante", nel 1972, alla Volpara. Ma in funzione durò poco. Ora è ancora lì, a ricordarci dei soldi "bruciati" per costruirlo. Trattandosi di "bruciatore" l'espressione "soldi bruciati" mi piaceva troppo per non scriverla.....



A dire il vero, il "mostro" (eco) della Volpara ha avuto un poco noto precursore: il piccolo inceneritore di Nervi, in funzione dal 1937 al 1950. 



Il resto è storia recente e se ne occuperà qualcun altro.

Quando non altrimenti indicato, le foto si intendono tutte tratte da dal libro di Aldo Padovano "La storia della Rumenta" (SAGEP editore)











lunedì 25 dicembre 2017

Un secolo di... Cappuccini







Un secolo di Cappuccini... è già passato... la commemorazione si è svolta nel 2015. C'eravamo stati, abbiamo fotografato. poi... poi ci siamo detti... pubblicheremo appena abbiamo tempo di documentarci meglio.  Quel tempo non lo abbiamo ancora trovato.  Nel frattempo abbiamo fatto tante altre cose, abbiamo seguito le conferenze e pubblicato "la Grande Peste 1656-7" , altra splendida iniziativa del Museo dei Cappuccini, e così via...
Oggi ci è tornato in mente l'evento e la mancata pubblicazione di due anni fa.
Pur non avendo ancora approfondito la storia dei Cappuccini a Genova,  abbiamo deciso di pubblicare le immagini di quella giornata.
Quindi facciamo un salto indietro nel tempo e varchiamo nuovamente quel portone, saliamo le scale e visitiamo il museo nell'allestimento del 2015. 





Saliamo le scale e troviamo la curiosa statua "bifronte" della Madonna col Bambino e S.Antonio col Bambino, a seconda di come la si guarda. L'anonimo del XVII secolo che l'ha tratta dal marmo ha dimostrato perizia e fantasia, tanto che la tradizione l'aveva attribuita alla mano di Pierre Pouget.




Daniele nella fossa dei leoni di Lorenzo da Cortona 1596-1669 chiesa Cap. Quarto




Giovan Battista Merano-Genova1632-Piacenza1698- Incredulità di S.Tommaso





Madonna con Evangelisti Maddalena Simboli Passione di Anton Maria Piola




S.Irene cura le ferite di S.Sebastiano di Luigi Miradori -Genovesino- metà XVII sec





Madonna Bambino S.Francesco S.Carlo Borromeo di Domenico Fiasella 2a metà XVII sec dal Convento di S.Francesco a Voltri






Crocifisso ligneo opera di scultore ligure  del XVII sec.
Questo Crocifisso, proveniente dal Monastero di S. Barnaba, era presentato a baciare, sulla piazza della chiesa, ai condannati a morte prima di essere giustiziati nel soprastante forte del Castellaccio.




Anton Maria Maragliano (Genova 1664-1739) .  Crocifisso ligneo




Albero Serafico dell'Ordine Francescano Litografia del 1881 da originale in rame del sec.XVII





I simboli del questuante




Polittico di S.Barnaba di Giovanni di Pietro da Pisa 1420 ca





Antonio Giolfi - Genova 1721-1806 -  Raccolta di diverse vedute della città di Genova





Descrizione evento prodigioso




Testi vari





Bottega di Bernardo Strozzi - S. Francesco D'Assisi





De la vera forma de l'abito di S.Francesco d'Assisi




Madonnina-legno intagliato- XVII sec. - Produzione ligure