sabato 18 aprile 2020

Genova 1815 arrivano i Savoia





Erano arrivati Savoia.

Da: La Meravigliosa Storia Di Genova-Dal 1797 ai Nostri Giorni - Maurizio Lamponi -Mondani edit.


Genova gli piaceva molto: c'era il mare, il clima era buono, c'era un bel porto, belle ville, bei palazzi...

1810 ca  Ambrose Louis Garneray Acquatinta-part-


I francesi se ne erano andati lasciando anche i loro progetti già pronti per fortificare la città ed i dintorni e per la costruzione delle strade carreggiabili necessarie per tenere sotto controllo il "nuovo regno".

Da:    La Via Aurelia- Roberto Palumbo- Luna Edit.

da:   GENOVA E LA SPEZIA DA NAPOLEONE AI SAVOIA   di Emiliano Beri
 

Sarebbe stata una pacchia, se non ci fossero stati anche i genovesi.
I genovesi, gente infida e pericolosa, che aveva già assaggiato in passato l'indipendenza e qualche forma di larvata democrazia... e che avrebbe cospirato per due generazioni prima di arrendersi "all'ineluttabile evidenza" che quella monarchia poteva almeno servire per costrurci intorno una Nazione.

Giuseppe Mazzini - l'rriducibile nemico della monarchia sabauda


I Genovesi, che si trovavano sudditi del nemico di sempre, inasprito dai "torti" patiti a causa dei francesi, dei giacobini e dei rivoluzionari in genere. Un ex nemico, ora tornato ad essere il dispotico re di un piccolo regno cui intendeva imporre l'assoluta "restaurazione".
La nuova Amministrazione cominciò subito ad attuare il piano infrastrutturale e la costruzione delle fortificazioni.

Da: La Meravigliosa Storia Di Genova-Dal 1797 ai Nostri Giorni - Maurizio Lamponi -Mondani edit.


Naturalmente, le decisioni erano prese a Torino ma i conti li pagavano i genovesi ed i liguri in generale.


Da: La Meravigliosa Storia Di Genova-Dal 1797 ai Nostri Giorni - Maurizio Lamponi -Mondani edit.


Gli ultraconservatori Savoia, fautori della più rigida restaurazione, non si curarono di "restaurare" i beni della chiesa, ma invece occuparono con le loro truppe i monasteri da dove erano appena sloggiati i militari francesi. Solo dopo lunghe trattative acconsentirono a "mollare" chiesa e convento di San Domenico, dove avevano già installato il Genio Militare e che il comune voleva destinare a Teatro ed Accademia di belle Arti




Invece l'ex convento delle Brigidine venne definitivamente assegnato all'Opera Sordomuti di Padre Assarotti come precedentemente deliberato da Napoleone.



La riapertura dell'Università creò un vivo malcontento nell'ambiente universitario in quanto la direzione venne affidata ai Gesuiti, che godevano fama di ultra-conservatori e filo austriaci. 
I Gesuiti, ritornati a Genova, furono spesso oggetto di ingiurie fisiche e verbali nelle strade cittadine ed a volta dovettero essere protetti dall'esercito per evitare guai peggiori (ci fu anche un tentativo di linciaggio).

Università Pal.Balbi con chiesa ss.Gerolamo e Francesco Saverio -  Giolfi-Torricelli 1769 - da "Attori e strumenti di credito"


Il "giovinetto" Mazzini" incontra un "esule indipendentista piemontese".
Un disegno di fantasia con Lanterna e Caserme di San Benigno. Peccato che l' "artista" ignorava che le dette "Caserme" erano state costruite dal 1857 al 1862 quando Mazzini (nato nel 1805) non era più "ragazzino" ma era già entrato ed uscito varie volte dalle patrie galere.
Anche autore ed editore del libro sembrano non avere fatto caso all'incongruenza... (del resto per scrivere di storia, non è affatto obbligatorio conoscere quell' argomento).
La prima, breve, esperienza col carcere, Mazzini l'ebbe proprio "giovinetto" a sedici anni, da studente "irrequieto" nel 1821.
La seconda nel 1831, da avvocato, dopo di che non staremo a fare la cronaca delle sue avventure.

Da: La Meravigliosa Storia Di Genova-Dal 1797 ai Nostri Giorni - Maurizio Lamponi -Mondani edit.


Sta di fatto che la "restaurazione" dei Savoia stava "stretta" a tanta gente, non solo in Liguria.
In prima fila c'erano naturalmente gli studenti, ma anche artigiani e piccoli commercianti erano arrivati al limite della sopportazione; per non parlare dei molti disoccupati, in quanto la politica restrittiva e fiscale del governo, non incoraggiava l'apertura di nuove attività.
Ma tutte le maggiori città erano in fermento: si cospirava a Napoli ed a Milano, e perfino a Torino.
Nel 1820 il generale Guglielmo Pepe guidò la rivolta dei Napoletani e le altre città seguirono a ruota.

A Genova, nel 1821 scoppiò quella che fu chiamata "la rivolta degli studenti". Armati di soli bastoni furono presi a cannonate al Ponte Reale e caricati dalla cavalleria in Sottoripa, ma riuscirono ad "espugnare" il Palazzo Ducale catturando il Governatore di Genova, l'ammiraglio De Geneis.



La guarnigione piemontese ci mise poco a reprimere quella che forse era solo un protesta, più che una vera rivolta, ed il De Geneis cercò di calmare le acque, minimizzando la portata dei fatti.



Vittorio Emanuele I, poco in salute, (muore 3 anni dopo) e non sapendo "che pesci pigliare", lasciò il regno al fratello, Carlo Felice, al momento fuori sede, e la reggenza al principe Carlo Alberto. (ma di questi parleremo dopo...)
A Napoli e Milano la repressione fu invece molto dura,  Non se la passarono molto bene anche a Torino ed Alessandria (quest'ultima riconquistata dagli austriaci per conto di Carlo Felice).


Questo capitolo termina qui, con i "moti del 1821" .
Vorremmo però concludere con una osservazione di carattere generale.

Ci ha colpito però un fatto "strano" ovvero che i Genovesi, ancor più che i Savoia, odiassero e temessero la "lunga mano" dell'Impero Austriaco, e molti fossero pronti ad accettare perfino i Savoia purchè si impegnassero a combattere l'Austria.
Forse perchè quello dei Savoia era visto (a torto o ragione) come un "regno italiano" in opposizione all'invasore "straniero". All'epoca, il concetto del Sacro Romano Impero con cui l'Impero austriaco giustificava la sua ingerenza in Italia era stato dimenticato da tempo.
Comunque è da notare come si cominciasse ad affermare il concetto di "unità nazionale", e che il "fine" di una Italia unita ed indipendente (repubblicana o monarchica che fosse) fosse considerato da molti prioritario rispetto ai "metodi" con cui si sarebbe realizzato.
E sarà questo concetto che porterà molti "rivoluzionari repubblicani" a combattere per i Savoia ogni qualvolta se ne presenterà l'occasione.
Ma questa è un'altra storia e ne riparlemo a tempo debito.

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